Denuncia sociale. Anzi: totale

 

[di Davide Rondoni"Domenica de Il Sole 24 Ore nº 6/2011, 6 febbraio 2011, pag. 10]

Un uomo senza lavoro, ha scritto un poeta nel suo titolo, è Co’e man monche, con le mani mozzate. Ci voleva questa immagine per dire la crisi, non quella dei numeri, delle banche, dei telegiornali, degli economisti, ma quella delle persone. Ci voleva questo titolo duro e le immagini, i dialoghi che vibrano nella serie delle poesie aspre, i precipizi di solitudine e di tempo vuoto a cui Fabio Franzin ha dato voce per far sentire di cosa siamo tutti corresponsabili. Non è poesia di denuncia sociale. Sarebbe poco. Perché la poesia fa denuncia totale. Non si ferma alle analisi e a cercare l’origine dei mali nella società. Perché la società la fanno gli uomini. È poesia di vita. Di tutte le dimensioni della vita. Non a caso, nelle poesie di Franzin, accanto ai testi dove sono in scena gli operai mandati in mobilità sotto la tettoia come «fratelli abbandonati da un padre», ci sono testi dove l’uomo è a casa, mentre fa lavori domestici, in giornate prive dell’impegno del lavoro, ci sono i figli, la compagna, pensieri su tutto. C’è un Nord-Est italiano duro, uomini che si trovano con le «mani inchiodate nel vuoto». Qui le persone sembrano prese in un ingranaggio più vasto dello stesso pensiero: «globalizzazione» è parola che indica un male oscuro, inafferrabile, lontano. Un fato. Così questa poesia attaccata alle ferite del presente è analoga all’eterno cantare il magone della vita quando pare presa in un destino sovrastante. Il libro edito dalle valide edizioni Le voci della luna, muovendo dalla crisi patita dal poeta e protagonista, diviene anche inno all’amore per i figli, per la donna, per una solidarietà non retorica, feriale, una religiosità elementare. Un uomo ferito, ma non privato della dignità. La voce che parla in questo libro è in dialetto. Cioè è italiano, perché la lingua comune è viva quando ha il sapore delle tante lingue che la nutrono. Questo libro si unisce ad altre voci che danno poeticamente rilievo al dramma a al valore del lavoro: le pagine di Vittorio Sereni, ne Gli strumenti umani o quelle meravigliose di Charles Péguy. E infine quelle di un poeta operaio che ha scritto la più bella poesia dedicata a un compagno morto sul lavoro: si chiamava Karol Wojtila. Sarà beatificato il 1° maggio.

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3 Comments

  • Già… anche secondo me non è la migliore recensione a Franzin che ho letto (e ne ho lette!). La cosa "esilarante" non è tanto la recensione in sé, quanto il fatto che questa sia stata pubblicata sul Sole24Ore mentre le altre di ben più ampia portata qui, lì e là. Ancora più "esilarante" il fatto che i lettori del Sole24Ore (Marcegaglia) siano anche i potenziali lettori di Franzin… cioè: Franzin, non un poeta qualunque, ma un poeta-operaio. Ci credo che poi alla fine ci devi mettere nella chiusa il Wojtila, Padre Pio o una qualunque figura istituzional-beatificante più che beatificata. Il peso del senso di colpa del "borghese medio" sarebbe terribile. È un po' come dire: io continuo con mors tua vita mea, però poi ti "beatifico" e ti "martirizzo" sulle pagine di un giornale per non sentirmi troppo in colpa. Il problema però resta che mentre tutti i lettori si dispiacciono nella pausa pranzo o caffè, Franzin e i suoi colleghi sono disoccupati, e la maggior parte di loro non ha ceerto il tempo di leggere poesia. Ma magari mi sbaglio.

    Luigi B.

  • …il titolo del post è esilarante! come anche l'idea di una denuncia totale… mentre non è esilarante, è semplicemente ridicola, restando purtroppo anche un'operazione culturale reale, la distorsione di un articolo che inizia parlando di un poeta e finisce ricordando la beatificazione di un papa. mah.

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