Blandizie, lusinghe, preparativi, schermaglie, azioni, se sono gesti che avviano e corredano l’incontro amoroso, se testimoniano il rito di senso e la distribuzione dei nuclei del racconto, in Nozze pagane festeggiano quella cerimonia che altro non è che l’atto di parola. Il linguaggio, Gio Ferri lo sa bene per pratica assidua di sperimentazione intercodice, consegue una parola il cui viaggio e inteso al riconoscimento della ‘coscienza poetica’ al precisarsi nell’intenzione dell’autore, mentre si fa tra testo autorale e testo scritturale, slittando e rinvenendo da una sottrazione epocale alla testualità del modo. Qui l’inventio ammicca ma non sfugge e indica che si attua per percorsi plurimi. Come non notare il corsivo nella letteratura? Un motivo petrarcheggiante, un cenno arcadico, un’eco neoclassica, un ambiente romantico, condotti a volte dall’ottonario, si sollevano al dire: Ed io non altro non / merito se non qui, / slabbro arido ristoro.
Si segnali poi il cammino del lessico, tra scelta colta e ricombinazione, fino al gusto del neologismo: Cosi quando si vuole / la glandeola carezza / e dianzi ancora il senso.
È una sorpresa lemmatica con scambio di posizioni, da sostantivo a qualitativo, nel senso del termine che qualifica. Dilatando, il metro è nell’accezione della qualità di segnatura: glandeola, misura descritta dalla tavola o atlante anatomici, cade come catalisi adiectivale nel territorio di altra scrittura e porge corpo espressivo al significato.
C’è, non ultima, una corsa tra i generi non classificati: dal polo vocale di Piccoli piaceri, al polivocale con stacco, quasi un teatro d’opera della lettera, di 5 piccole prove per un poema, al monologo ritmato di Conversazioni. Ad esempio: Tu ti riprendi invitule…; Piccoli dei…, ancorchè io cerco il canto…; Sì tocchi il filo della vena – dove vada e donde…
Nell’alternanza dei generi è rintracciabile la costanza di alcuni elementi formali: l’intensità metrica in un verso pur libero e forse liberato, la frequenzialità allitterativo/consonantico/ digrammatica. Il gioco tra i fomeni l, e, r. Questi elementi sono definibili in quanto funzioni: mentre lavorano dall’interno a distrarre la metafora dalla polvere dello spartito convenzionale (àncora il neologismo), tessono la vibrazione della scrittura, mettono in musica le nozze del corpo e del testo: Questa piccola làmia / il verecondo armento / ei si ritempra il fulcro… L’orchestrazione tra la liquida e orale, e l’aggressiva e genitale r , quando allude alla prostrazione, al fantasma d’interminabilità del rapporto: sfioramento, suzione, eccetera, collima con quell’attesa che sul versante della lettera chiama alla descrizione e all’argomentazione del poetico.
Siamo, per gli esiti, di là del titolo esemplante, nella doppia insonne figura, forza e forzatura, della sacralità del testo. Qui il canto si pronuncia mentre tende a svisare, ad elaborare le supposte origini, lo stile veglia e amorosamente sorveglia tradizione e novità di formazione, la parola rapina il designatum codificato per destinargli diverso significato e in ciò compie il destino di una scrittura nella cui scia il soggetto coniuga ricerca e produzione: questo è il segno, e la viva anmmissione della nostra, improponibile, necessità.
(In Alfabeta,1988)