t’avrei lavato i piedi
oppure mi sarei fatta altissima
come soffitti scavalcati di cieli
come voce in voce si sconquassa
tornando folle ed organando a schiere
— Claudia Ruggeri

Cappi Alberto

Alberto Cappi – Altri materiali per un frammento

Alberto Cappi – Altri materiali per un frammento

Il linguaggio fa luogo nello spazio. È il radicamento del sito letterario che la parola traccia come dimora. La poesia la abita. Di lì invita all’ospitalità. Petrarca: «Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono». Il vuoto è per l’essere, vuoto a essere. Nasce qui la spinta originaria della parola, cioè la forza irradiante. Nella sua organizzazione si fa clausola o modo particolare dell’episteme, dunque la forma. La clausola dantesca: «Tal mi fec’io …». La parola si desta nel ritmo. L’aria che la alza e in cui si anima è del tono. Tonalità che diviene colore della lettera. Accade poi che si ancori all’occasione. Si esprime. E l’origine continua a essere. Montale: «Ecco il segno; s’innerva». Cosa e nudità espressiva sono prossime alla relazione originaria. Nel fl usso verbale della continuità, poi, la poesia si dona quale interpretazione del tema profondo. Per tanto il libro del verso è profezia del mondo. San Francesco: «Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: / de te, Altissimo, porta signifi – catione». Il viaggio delle ombre nella parola muove alla cattura del silenzio. La parola si rende partecipe e il suo spirito è dell’accanto. Nel desiderio di ridurre la distanza può dar voce alle cose. Leopardi: «E il naufragar m’è dolce in questo mare». Il testo: un labirinto dell’erranza dove si cerca la parola originaria perché la poesia possa liberarla e renderla cifra. Solamente così l’evento si compie, poi, nell’incontro con l’autore, l’interprete, il lettore. Borges: «Cerca il mio passo e trova / la sperata soglia». (di Alberto Cappi su Anterem, n. 78 giugno 2009)

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