
Si dice che la neve ricopre il pane
lasciandone fiorire il profumo
ma sotto il manto miscuglia capziosità.
Non è che acqua lapsus e maschera
del cielo che nega la canizie
cosparge il fondo di gelo polveroso
per chi scivola e si frattura.
Sulla sommità di un colle imbiancato
anche le facce e il cuore sono
malintesi e poco ilare l’infinito
per drogata pienezza di naufragio.
L’opera funziona e resiste nei delicati
pensieri che non diventino neve.
Da Cesare Ruffato Il poeta pallido, Marsilio Editori (Venezia 2005), collana Elleffe
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