Arti Incompossibili N.11: Jean Fautrier

Rappresenta gli esseri umani come erogatori di luce, colonne, tronchi d’albero, quarti di bue, linee ondulate, canne, sempre rigorosamente con color sanguigna. E poi il mare e la terra con ondulazioni e pressioni, con pesi e intensità. Ogni cosa emana luce dalle cavità.

Anche il corpo è fatto di radici, piantato come un albero. Allunga gli arti, ma non è mai completamente aperto.

La donna ha pose improbabili nell’erba. Accavalla le gambe e chiude le braccia, cade all’indietro, mentre levitano i seni. Vento la sospinge, erba morbidamente l’accoglie e la rilancia in aria.

Il corpo è essenzialmente un torso, una forma regolare, una volta che abbia serrato le braccia al di sopra della testa e sia in ginocchio. Col capo incassato fra le spalle, ha una posa statuaria. Così doveva essere l’uomo quando è apparso sulla terra.

Le linee delle membra femminili si sciolgono, fluttuano come mosse dalla corrente. Bisogna ancorarle con pigmento rosa.

Flessuose linee terminano prima che la figura umana termini, allora un colore, che finga di ripercorrere le parti non terminate, campendo quelle dove la luce cancella, viene a completare l’opera.

Il corpo scritto da una punta inchiostrata, molestato dal colore, non riposa, si agita, fa ondeggiare il foglio.

Sembra fatto per aprirsi e per stringere qualcosa. A tratti svanisce sotto l’azione corrodente dello sguardo.

Reclama e pone quesiti, ma non articola verbo. Indica e gesticola.

Un uomo e una donna insieme non sono distinguibili. Hanno una sola linea curva che traccia entrambi.

Il corpo è sottomesso alle correnti che lo dilavano. Gli arti, già spariti, a causa della loro liquida consistenza.

Resta nella retina ciò che viene sovrimpresso al colore steso sul foglio. Le mille posizioni della figura maschile si riassumono in una curva che si ripercuote sul colore prima di sparire.

Ginocchia ripiegate stanno per un nudo intero. Un grosso segno scuro ne sintetizza l’accavallarsi. Il resto del corpo non si vede, affondato com’è nel bianco del foglio.

Come per le statuine votive di altre ere, prive di testa e gambe, il busto color terracotta racchiude l’essenza del corpo, la sua non individuabile funzione.

La posizione più naturale è quella supina. In piedi, ondeggia e barcolla. Ma è necessario patinare le figure col passaggio d’una matita per renderla maggiormente visibile alla luce, mentre le linee del contorno si dissaldano.

A questo busto manca completamente la parte inferiore, per questo sono stati ingranditi i seni.

A volte un corpo può assomigliare a un pettine.

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