Arti Incompossibili N.6: Lucilla Caporilli

Svuotare i volumi fino a ridurli a una pelle diafana, trasparente, attraverso la quale si leggano ancora volumi. O costruire costole e colmi che aggettino ombre scavanti letti di prosciugati fiumi.

Riquadri di vago sapore rinascimentale mostrano che l’approfondimento appassionato sulle loro relazioni non può che condurre all’evidenza dell’ideale.

Corre, all’interno dell’opera, una cornice, appena un rigo sopra le note, qualcosa che indica un percorso lineare in direzione opposta alla materia.

Usando un colore freddo e accostandolo a un campione di rosso, si indica un viola che non è presente, ma la cui visibilità è insita nelle possibilità dell’opera.

Ribadendo quadrati all’interno di quadrati, con carte sottilissime, sovrapposte, simili a sfoglie di cipolla, costruire la densità del senso figurato.

La costruzione perfetta non può che esibirsi nel corpo delle cose.

Sarebbe proprio la figura a mancare per scelta deliberata.  Circoscrive con bordo nero da chiusura piombata per vietare l’ingresso.

Le mille  stanze del palazzo scomparso. Le mattonelle di porfido, le pareti disegnate dalla luce, estratte da un manto di cenere, ripiegate e poi riposte nella scatola.

È il racconto della totalità indicata col dettaglio. Non è un cerchio che si possa chiudere.

Certi tagli, asole di lucore, nella materia carbonizzata hanno l’analoga parvenza di una finestra.

La partizione del quadro  con canaloni e dossi genera aree che altrimenti sarebbero indifferenziate: s’introducono in questo modo ambiguità e incongruenze rispetto all’assunto principale che vorrebbe che la superficie fosse un ideale.

Una sequenza di cesure volumetriche assicura  un ritmo al rosso.

Trasparenze e addensamenti sono in realtà gradienti del pigmento, non appartengono alla geometria.

S’instaura un dialogo fittizio tra partizioni rosse e partizioni rosse. Non si riesce a dire con sicurezza perché la figura geometrica si stagli. Se per la presenza di una linea, per l’ombra o per l’ispessimento della tinta.

Il rosso sopravanza ogni cosa. Diviene l’unica cosa che si vede indipendentemente dal supporto.

Tracciando la proiezione di poligoni regolari, si ottiene qualcosa che ricorda la facciata di una costruzione. Ma è appena un’impressione, contestata dal dato reale.

Trasporre il particolare al posto dell’universale, il dettaglio al posto dell’intero. Posizionare la luce sul volume fino a farlo appiattire sullo sfondo. È un lavoro sulle apparenze che materializza i concetti.

Rosso vince su tutte le altre tinte. Il colore copre come fosse una sostanza, generando persino dissolvenza. Sarebbe la contraddizione così a lungo cercata.

Persino l’equilibrio è ottenuto tramite un dialogo tra contraddittorie essenze.

Rosa Pierno
Written By
More from Rosa Pierno

Gio Ferri: “Fecondazioni”

  E’ necessario riportare la clausola che Gio Ferri ha anteposto alla...
Read More

Lascia un commento