Vicolo Cieco N.38: Di spiragli buchi e altri passaggi

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Ma come cazzo vi sentite a occupare tutti i buchi, vi si dà uno spiraglio per parlare e sbrodolate. Senza capire che questa è soltanto la suppurazione degli irrintracciabili, la logica dei dispersi, quella delle lettere accatastate di cui si ignora il mittente, che alla fine della fiera è peggio, molto peggio, di essere anonimi. Siamo andati oltre il presenzialismo smodato per appiccicare ovunque parole sudaticce, come crediamo si possa percepire un’invasione : come un privilegio? Ma non scherziamo.

Questa ansia della partecipazione che ci ha colti, questa cazzata del volerci spargere ovunque che ha già superato persino la presunzione che a chicchessia interessino gli affari nostri. La legittima battaglina che abbiamo portato avanti per avere i nostri spazietti è andata oltre: abbiamo sconfinato. Che ridicola la poesia sparsa per contagio. Il solo ipotizzare  che mettere ovunque un pensierino lo trasformi in un’araba primavera.

Dovrei elencare i libri che mi son piaciuti o gli editori che ho pagato, qualcuno presto mi chiederà conto delle vaccate che ho detto e dei bicchieri bevuti. Non vedo altre strade che tornare ad esser degni di quel che ci indignamo, ma penso che a volte in questa forma si potrebbe anche procedere per sottrazione, dire un po’ meno per dire un po’ meglio con le ambizioni ridotte di parlare al condominio e se alla piazza si aspira che si abbia la decenza di non fraintenderla con questa. Che se proprio proprio civile si deve, ci si ricordi che civile è raccontare il buio fuori come quello che c’è dentro.

Alessandro Assiri
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