Swissminiature, il cucù

terra di risulta lecomteMia Lecomte è una scrittrice (poesie e traduzioni in primo luogo); è italo-francese, è nata nel 1966, vive a Roma. Una sua recente raccolta di versi (raccolta estrosa, curiosa, provocante) non è tutta di facile lettura; fin dal titolo. Il libro è Terra di risulta, La Vita Felice, Milano, 2009, euro 10. Partiamo allora dal titolo-rebus, traducibile in metafora. A sciogliere il piccolo rebus viene in aiuto Gabriela Fantato in una sua nota introduttiva. Spiega la Fantato che il sintagma (il gruppo di parola) che fa da titolo, “indica i vari materiali scaturiti dall’attività di scavo e allude a tutto ciò che resta o si ricava: un misto di terra e detriti, pietre e residuato fossile, non assimilabile ai rifiuti, ma che può essere riutilizzato, dopo un ulteriore cernita”. Se stessimo parlando con allievi della scuola media, potremmo aggiungere, in abbondanza, di pensare al lavoro di chi scava con la scavatrice tra le macerie delle case crollate per il terremoto-caos: tra i sassi, i calcinacci, la sabbia impastata con il cemento-truffa, ci può essere qualche moneta messa via dal nonno per una festa del nipote, gli orecchini ricordo della nonna, il resto di una statua antica. O altro.

Così, e siamo alla metafora, per la poesia. Dal coacervo del vocabolario conglomerato del comunicare quotidiano, il poeta può ricavare, e delicatamente mettere nella sua salvifica carriola (la poesia) alcune parole: antiche come una moneta antica o nuove come un cinque franchi appena coniato. E ricavare così, selezionando selezionando, un gioiello piccolo o grande fatto di parole: facciamo un «viene il vento recando il suon dell’ora…» (Leopardi)… Si prendano prioritariamente alcune misure, come (e si torna alla Lecomte) «l’evitare il lirismo consueto centrato sulle vicende intime dell’io» (rischio che può diventare vizio in tanta «poesia» di giovanissimi); il privilegiare invece (come bene annota la Fantato) una «costruzione sintattica slogata».

È tempo di passare alla poesia. Per provocare i lettori della Svizzera-italiana si sceglieranno (la mini-scelta è imposta da ragioni di spazio) due poesie. La prima viene dalla sezione Dei vostri luoghi e ha per titolo Swissminiature; la seconda viene dalla sezione Bestiari domestici ed è Cuculide. Ma attenzione: la Swissminiature non sta di casa solo in Svizzera, Melide, lago di Lugano: sta o può stare in ogni parte del mondo: la riduzione, la deformazione (fatta in scala) di una bella realtà: la Svizzera, con i suoi meriti e le sue colpe, è una bella realtà. La Swissminiature è il contrario del bio, dell’autentico. Swissminiature è dedicata “alla riproduzione artificiale della realtà con materiali inorganici”. È un falso gioiello. Così il povero cucù con due sole note non è solo “il cucù dell’orologio più elvetico” ma è universale, come i due piccioni (Les deux pigeons) che danno vita a una stupenda poesia di La Fontaine non sono.

Piccioni legati ad un dato luogo di Francia, hic et nunc, qui e ora, ma sono universali ed eterni. Elemento portante di Swissminiature è un verbo, ‘mancare’: mancano, manca. Che cosa manca in questa Svizzera finta in miniatura che incanta migliaia di turisti della civiltà di massa? La Lecomte si diverte (così è se vi pare) a elencarne parecchie. Per esempio alcuni cavi tesi a sospendere due funicolari… i passeggeri della slitta… il ragazzino con la mela in testa (il Gualtierino Tell, figlio dell’eroe nazionale); ancora mancano le nuove banche e imprese / manca la musica da un altoparlante / le ultime croci bianche alle bandiere.

Misure sempre in scala del dolore dice, conclusivamente, il verso conclusivo. Dove sta di casa il male, il male nel mondo, dell’uomo?

L’altra Svizzera (o mondo) in scala riduttiva la si incontra in Cuculide. Il cucù, ma in scala mondiale, è figura allegorica dei deprivati, i non degni di attenzione, i deboli, gli inermi. La condizione drammatica del cucù è dichiarata fin dal primo verso: Non ho che due toni e vorreste che/  parlassi di tutto in due toni che non posso / cambiare di tutto e che riesco soltanto a alternare / uno e due e uno e due… nel rigore binario… Uno e due ribaditi almeno una dozzina di volte (un po’ come il ritmo della fabbrica ritmato nel Bolero di Ravel). Il cucù della Lecomte è una sorta di moderno Calibrano (La tempesta di Shakespeare) che potrà dire ai suoi “concittadini”: mi avete insegnato la vostra lingua ma mi serve solo a bestemmiare…

Del suo uno e due, la somma di quanto gli è stato concesso, il cuculide si chiederà, er finire, …se è impotenza uno oppure arresa due se è / paura per il tempo trascorso tra uno e due e / uno e due imbarazzo uno tedio due rimpianto uno / e due e uno non è dato saperlo e due non c’è scelta / è uno, è due, tutto qua, tutto qua.

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Giovanni Orelli
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