Una lingua comune che risuona

tempi d'europaCome si coniuga l’unità euro­pea con la poe­sia? Nata oltre mezzo secolo fa sulle mace­rie della seconda guerra mon­diale l’Unione Euro­pea ha pun­tato alla crea­zione di un mer­cato unico in cui merci, per­sone, ser­vizi e capi­tali cir­co­las­sero libe­ra­mente, come se si trat­tasse di un unico paese. Que­sto s’impara a scuola. È una spe­cie di super-stato, rispon­dono i ragazzi a scuola, se inter­ro­gati: difende i diritti, crea lavoro, tutela l’ambiente… aggiun­gono quelli più pre­pa­rati: atti legi­sla­tivi, mer­cato interno, tutela dei con­su­ma­tori, istru­zione e sanità… A qual­cuno pare, però, che que­sta Unione Euro­pea sia ancora in cerca d’identità.

Prima di tutto andreb­bero can­cel­late certe mac­chio­line lasciate dalla sto­ria, ma que­sta è impresa mil­le­na­ria. Poi biso­gne­rebbe lavo­rare al mira­colo d’un lin­guag­gio comune che non azzeri valori, tra­di­zioni, dif­fe­renze… Ma come si fa? Ai viventi nei paesi del super­stato ser­vi­rebbe una super­lin­gua. Non stiamo par­lando di una unica lin­gua par­lata da tutti, ma di un lin­guag­gio altro da con­di­vi­dere, un lin­guag­gio al di là di ogni gram­ma­tica, un lin­guag­gio capace di inglo­bare in un senso altro, molte lin­gue, capace di accet­tarle, tenerle vive, nella loro pro­fon­dità e nella loro spe­ci­fica altezza.

Si tratta di un lin­guag­gio comune che viene prima del lin­guag­gio stesso, anzi sot­to­stante a tutte le lin­gue, capace di scor­rere sotto e fon­dere in sé ciò che d’immensamente umano ogni gram­ma­tica custo­di­sce: que­sto ten­ta­tivo di mira­colo è il lin­guag­gio poetico.

È un lin­guag­gio che sem­bra rimosso: in Ita­lia per esem­pio, viene l’ora di ita­liano, poi viene l’ora di sto­ria della let­te­ra­tura ita­liana, poi viene l’ora della poe­sia ita­liana, e basta. Al mas­simo qual­che ora d’una seconda lin­gua, in qual­che caso d’una terza. Che ne è di tutta l’altra poe­sia? Come impa­rare a cono­scerla? Pro­fes­sori, ora c’è una rac­colta poe­tica che vi può essere d’aiuto. Si tratta dell’antologia poe­tica inter­na­zio­nale, Tempi d’Europa, a cura di Lino Angiuli e Milica Marin­ko­vic (pagg. 136, euro 15). La pre­fa­zione di Ame­deo Anelli si apre con una cita­zione di Dino For­mag­gio che ne rac­chiude lo spi­rito: «Ad ogni modo, la nostra patria filo­lo­gica è la terra… Dob­biamo tor­nare in cir­co­stanze diverse, a ciò che già pos­se­deva la cul­tura medioe­vale prima della for­ma­zione delle nazioni».

In tempi di povertà, anche cul­tu­rale, que­sta anto­lo­gia è una ric­chezza. Una ric­chezza, notano i cura­tori «che non va però limi­tata all’ambito delle lin­gue nazio­nali e/o uffi­ciali, ma che deve neces­sa­ria­mente riguar­dare ogni lin­gua eser­ci­tata, com­prese quelle cosid­dette mino­ri­ta­rie. E que­sto per­ché ogni lin­gua che sap­pia e voglia scri­vere di vita, morte, amore, fatica, ogni lin­gua capace di dire e di dirsi attra­verso lo spe­ciale stru­mento espres­sivo della poe­sia ha pari diritti crea­tivi, indi­pen­den­te­mente dal suo rag­gio di azione, dal numero dei par­lanti o dal ter­ri­to­rio coperto».

Il cri­te­rio adot­tato per la neces­sa­ria cer­nita dei poeti inclusi riguarda dun­que non la cono­scenza dei poeti più grandi e con­cla­mati, e nep­pure la distin­zioni tra poeti viventi e no.

Cos’è allora? Il cri­te­rio è la con­vi­venza equi­li­brata di tante lin­gue rara­mente acco­state: gae­lico irlan­dese, fran­cese e pro­ven­zale. L’occitanico e il corso, il bre­tone. E ancora, spa­gnolo e euskera, gal­lego e cata­lano, la nostra lin­gua ladina…

Tro­vate poeti di Cipro e Lus­sem­burgo, di Bul­ga­ria e Let­to­nia. Tro­vate acco­stati premi Nobel e poeti da sco­prire. Tro­vate perle del Nove­cento e versi nascenti, oggi, nelle lin­gue cosid­dette minori. Tro­vate le tra­du­zioni di Franco Loi, Bianca Maria Fra­botta, Elio Pecora, Mauro Fer­rari, oltre a quelle a firma degli stessi cura­tori… Tro­vate Mon­tale, tro­vate Inge­borg Bach­mann, tro­vate per­sino una poe­sia di Fede­rico Gar­cia Lorca in lin­gua casti­gliana tra­dotta da Carlo Bo. Tro­vate poeti dei paesi fon­da­tori della Comu­nità Euro­pea stessa: Bel­gio, Fran­cia, Ger­ma­nia, Ita­lia, Lus­sem­burgo, Paesi Bassi e dell’ultimo paese entrato nell’Unione, la Croa­zia: in tutto 42 pre­senze. Per la prima volta in un’antologia poe­tica si met­tono sullo stesso piano lin­gue «mag­giori» «minori» anche quelle defi­nite «dia­letti». E c’è un ulte­riore ele­mento di novità in que­ste pagine: per la prima volta in una rac­colta anto­lo­gia il numero delle poe­tesse è pari al numero dei poeti uomini.

È un trionfo di segni, suoni, lin­gue… tenuto unito dal tema dello scor­rere del tempo, dalla visione fol­go­rante dell’eterno andare e venire delle sta­gioni. Alla com­pre­senza dei diversi alfa­beti di latino, greco, ciril­lico, alla visione sor­pren­dente di dif­fe­renti segni dia­cri­tici fa fronte la tra­du­zione in lin­gua italiana.

Ciò che muove e uni­sce le tante lin­gue è il vivido rap­porto tra natura e cul­tura, è la pos­senza dei grandi cicli sta­gio­nali: al di sotto e al di sopra dei lin­guaggi la poe­sia scorre come un pos­sente fiume, come un sen­ti­mento del mondo che si schiude al calore dello scam­bio. Impos­si­bile qui ripor­tare il risuo­nare di tanti versi. Vi invi­tiamo alla lettura.

(già su Il manifesto)

Ida Travi
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