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Si affrettava il passo e sembrava si spostasse,
l’unico spazio che all’uomo è concesso
tutto quel vuoto che manca all’adesso
ho seminato parole che non sanno tornare
dimmi cosa c’è tra questo nulla e me
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le parole gettate
rimangono sospese
un attimo nell’aria
poi muoiono
precipitando
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anniversario degli oggetti
condannati a esser densi
come noi che sorridiamo
tra le radici e le stelle
attraversando un silenzio
in quei palazzi invernali
dove ancora oggi
si raffreddano le stelle
77 reticenze
e io non posso entrare
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Stabilisce prima il tuo nome
questa gente di penombra
In fondo a te c’è un pressappoco,
come un forse nelle vene
o un venerdì di nuovo
e dove si rovista per cercarsi
si accumula la carta
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ma qui lo sai non ci si salva
si appare solo all’improvviso
non ci si aiuta, si segue la voce
come inquilini d’inverno
divenire è per un attimo confondersi
succubi d’inchiostro
appoggiarsi all’infrangibile.
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Di stanza in stanza
così divento casa
al plurale immaginando
mattone su mattone
costruire lontananza
con la calce dell’addio.