L’Aria n.17: 9 punti

 

1

in realtà Hailé Selassié è il leone di Giuda, cioè Cristo.
in realtà Pasolini è il papa Pietro II, autoproclamato in Poesia in forma di rosa.
in realtà Dino Campana è «l’ultimo tedesco in Italia»: i Canti orfici sono la sua Tragödie.
in realtà Elisabetta d’Austria è «poco meno che l’urna vivente di incontaminati fuochi cosmici»: Schuler ci ha creduto, Klages l’ha scritto.
gli indicativi sono autorità incontaminate, che cambiano il principio di realtà.
ora io voglio questo.
queste proposizioni sono proclamazioni, perché il verbo IO SONO è seguìto da un predicato che non spiega, ma si impone. e Sun Ra viene da Saturno. Marthe Robin mangia la sola ostia. Adrienne von Speyr ha visto quello che ha visto.
queste proclamazioni sono agiografiche: ma accadono nel presente e il loro modo è l’indicativo, in nome della certezza. queste proclamazioni e queste agiografie si impongono come realtà, tra altre realtà.

2

se l’Ambiguo è Pietro II, la poesia attuale è morta, come una retorica non santa.
se l’Ambiguo è davvero l’ultimo papa, il mondo è già finito.
allora l’amante compulsivo di squadre di ragazzi sarebbe un grande santo. Salò e Nerolio sarebbero il suo vangelo visivo, e Petrolio il vangelo scritto. in omaggio alla tradizione, sarebbero opere postume (Salò), postume e fatte da altri (Nerolio), postume e ricostruite a colpi di filologia (Petrolio).

3

i cattolici credono a cose indimostrabili, non meno indimostrabili del pastore-poeta Pietro II. l’articolo 1000 del Catechismo della Chiesa Cattolica dice che la risurrezione dei morti «supera le possibilità della nostra immaginazione e del nostro intelletto; è accessibile solo nella fede». anche l’autoproclamazione di Pietro II è «accessibile solo nella fede», e creata dalla fede autocefala dell’Ambiguo.
e se la risurrezione dei morti fosse reale e visibile come in Luca Signorelli, che cosa significherebbe la realtà, da quel momento? se la cenere di Saffo torna praticamente a vivere, che cosa significa la poesia, da quel momento? i poeti sono oscenamente laici, come i loro lettori. il rischio opposto è una fede volgare: l’ingenuità senza ironia; oppure la fantasia, che senza le strategie di Dante è debole [ed erano strategie già pubblicitarie: già allora, e consapevolmente; e anche un po’ terroristiche]. in realtà io credo e non credo alla risurrezione di Saffo: segno, in me, di un cristianesimo imperfetto.

4

la catena dei se su Saffo e Pietro II non è retorica. l’intera Cristianità visibile è il braccio umano di un invisibile [una cosa intangibile] che la fede spera e vuole. per il cattolico, il Catechismo non è il Manual de zoología fantástica.
il nome poeta cristiano non significa niente, senza la fede in ciò che distruggerà il mio edificio pratico. se sono un poeta cristiano, devo credere che Saffo risorgerà, e realmente: dopo, le mie opere saranno contemporanee alle sue, e le sue riacquisteranno l’integrità e la musica; dunque non ci saranno più la filologia e la ricostruzione ipotetica, ma il presente della presenza, munita di un corpo, perché «anche i nostri “corpi mortali” riprenderanno vita» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 989).
non è un paradosso: è il Catechismo, e se non ci credo, non sono in sintonia con la Chiesa. la zoología fantástica di Borges non mi chiede altrettanto, perché si tratta di una Wunderkammer, alla fine. Borges, a differenza del Papa e dei vescovi, non è dottore autentico (Lumen gentium, 25; Catechismo, 2034).
capisco chi non può essere nella Chiesa, perché l’irrealtà delle promesse è fuori controllo. c’è chi non crede, e ne ha tutte le ragioni: ad esempio, chi ha avuto una madre di ferro e poi si chiede, come l’uomo di Brecht, «e questo, perché?» (e allora «punta il dito su ogni voce»). ad esempio – ed è un esempio enorme, il più grande – Aldo Busi, lo Scrittore.

5

da Pasolini a De Dominicis, molti dei nostri spiriti magni hanno creduto di essere – o di poter sperimentare la vita – oltre l’uomo; non solo ci hanno creduto: si sono creduti; e molti dei nostri santi hanno fatto lo stesso. ora voglio vivere nello spazio [cioè: nella nostalgia] di Pietro II, del leone di Giuda e dell’«urna vivente», come se lo spazio di Pietro II, del leone di Giuda e dell’urna fosse reale e pratico, quindi abitabile [di questo posso avere solo la nostalgia]. senza imitazione, e solo con l’ironia tranquilla di chi vive disarmato e corazzato; e d’ora in poi: senza limiti razionali (cioè sociali), e solo con limiti morali (cioè tradizionali).
ogni cosa che ferisce la piccola ragione è uno stile che forgia il NUOVO. questa è l’unica poesia che possa avere sapore, oltre che senso, ora; perché coinvolge decine di anni di futuro, il mondo, il mio stesso corpo e il suo darsi e perdersi, in questa stessa Nazione che si darà e si perderà, continuando la sua decadenza. voglio questo.

6

la Comedìa è tanto poco simile al curriculum di Dante da essere il contrario della poesia, se la poesia è – era, fu – la convenzione fiorentina o il gusto della Vita nova. il poema di Dante è tanto lontano dalla poesia dei fogli sciolti – cioè dall’amicizia dei poeti, che se li scambiano – da essere non-poesia: è poesia irrelata, rispetto ai primi rapporti. è anche l’arma dell’indifeso-esiliato, puntata sul passato e sul mondo: per dire che la storia è finita, ragazzi basta, i poeti del mondo sono stati sei, e il sesto è Dante, fine. [al limite si è fabbri, come Arnaut, e tanto basta]. la non-poesia si arma; il diario diventa mistica; la mistica sogna la prima linea, come Weil; la politica terrà conto di Sun Ra e di Scelsi, e della disperazione che nasce da un fatto: tutto questo è falso; e: non solo è falso, ma è farneticante. non c’è politica occidentale che possa tenerne conto. l’utopia mi va bene. e che l’utopia vada bene: ora voglio questo.

7

l’indicativo sui iuris è troppo autoritario per essere autorevole. chi ha indicato ora aumenta la dote di vita in sé e conosce l’esatto contrario; conosce la malattia e la tentazione di non vivere; e per questo non si ferma più, finché ha forza.

8

e ora: un’estetica rifondata in senso cerimoniale, oggi, per come siamo, ci serve? l’estetica è rifondata come una cerimonia, wow… come un rito grotowskiano, ah… e non dico i sacrifici umani, dall’Acéphale all’azionismo viennese, ehi… cazzo, in una realtà maggiore vive una non-poesia, come è non-poesia la casa che Dante si fece, per starci con Virgilio dolcissimo padre, oh… – allora Rondoni e De Angelis, Cucchi e Sanguineti, diversissimi, diventano un solo poeta, unico e uguale: un chierico rosso-nero [e borghese], che è solo un uomo. e l’uomo annoia.

9

il passato passò e l’azione è conclusa: ora i piedi ci passano sopra, perché davanti alla Maggiore Realtà il resto è terra battuta, sulla quale si compiranno altre azioni: indicativo presente. il modo della certezza, che delira, non considera l’auctoritas: e l’ho detto – anche questo, dopo altro – perché doler ti debbia.

[12 agosto 2012]

Massimo Sannelli
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1 Comment

  • HAI SCRITTO UN ATTO prepotentemente assoluto nella capacità di dirsi
    e indirsi, quale naturale evoluzione di una consapevolezza votata
    alla sacralità del porsi, non tanto al “credersi di porsi”.
    La chiamata è unica, e oltre ogni possibile categoria geometricamente
    euclidea.
    Esiste un’elezione del non eletto, di colui che sa, ma si limita,
    solo, a vivere per come la Parola gli giunge, lo attraversa, per poi
    uscire e di nuovo andare nella folata del vento privativo.
    Si è delle cartine di tornasole dell’impossibilità di dire se non
    quali parti di ciò che è avvenuto (affermano) circa 2019 anni fa.
    Il sangue gronda, noi siamo l’ampolla, poi il gesto di versarlo
    per rinforzare il roseto.
    L’essere è pur sempre un’intangibilità, voluta o dovuta.
    Il paganesimo sta nell’ambigua immagine del Cristo sensualmente
    morta per darsi in quel voluto o dovuto.
    Sii sempre il Pontefice Massimo (e nel nome il destino)
    della tua confessione-professione-fede di poeta, poi di agnello.
    Ti stimo e ti abbraccio.
    Bravo.
    Gian Ruggero Manzoni

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