dalla Prefazione (risvolto) di Marco Giovenale
Questo libretto può avere l’onere – grave quanto felice – di rappresentare una delle piattaforme di più inafferrabile/innegabile ironia che in ambito di scrittura di ricerca si possa trovare attualmente in Italia.
L’ironia del linguaggio è qui – in parallelo – arma puntuta contro il linguaggio. Quale? Quello piano anzi piatto della comunicazione acefala dei media generalisti e generalissimi (decorati, decorativi, decoratori).
Così, analisi stilistiche di un testo intenzionalmente privo di stile sono destinate al fallimento. Semmai, è qui attiva, come oggetto, una superficie verbale che, lasciata allo zero assoluto della freddezza pubblicitaria, del vocabolario da rotocalco o soap opera, cade sì in frantumi ma tirandosi dietro del tutto esplicitamente e strategicamente le retoriche da cui parte.
“con freddezza e senso strategico” il libro sottrae al modulo “verso” e alla scrittura “quartina” ogni spessore tematico. Quasi nulla si salva dal banale, dove tutto è comicamente “moderato” (si noti il procedere per coppie che si elidono “non tradire” / “senza ritegni”, “forza” / “senza toni forti”, “energia risoluta” / “posizioni molto più tranquille”, “irrompere senza controllo” / “la ragione poi riordina”, “una tranquillità” / “che non ha lo sguardo spento”, “hazardous zone / senza traguardi impossibili”, e così via).
L’installazione finale, allora, il total living o somma di briciole gelate o aggregazione dei segmenti di design di questa operazione, è – amaramente – una sorta di negativo della vita. Ben in luce.
L’ironia è la chiave di volta. Il rovescio che impedisce la finzione.