Parola ai Poeti: Narda Fattori

[Proseguiamo la serie di Parola ai Poeti con l’intervista a Narda Fattori. Buona lettura.]

Qual è lo “stato di salute” della poesia in Italia? E quello dei poeti?

Credo che la poesia in Italia soffra di ipersviluppo, che non è uno stato di salute favorevole; la massificazione dello scrivere andando a capo ha raggiunto anche gli infimi che credono che la poesia sia una scrittura facile o estranea alla comunicazione. Si scrive per passatempo, per dar sfogo all’irruenza delle emozioni, per noia e poi ci si dice poeti. La pletora degli editori che si guadagnano la vita “stampando” ne è una dimostrazione. Io la frequento da quando ero una ragazzina di 12 anni e ancora non l’ho pienamente conquistata e ci sudo sopra e leggo, mi confronto, studio. Eppure questo dilagare di scritture, al quale poi non corrisponde un altrettanto dilagare di letture né di presenze a presentazioni e a reading, fa sperare che nella massa si celi qualche perla. Ce n’è bisogno.

Quando hai pubblicato il tuo primo libro e come hai capito che era il momento giusto? Come hai scelto con chi pubblicare? Cosa ti aspettavi? Cosa ti ha entusiasmato e cosa ti ha deluso?

Ho pubblicato attorno ai primi anni ’90, a seguito di premi vinti, dopo che per ventanni avevo chiuso le scritture ( poche) nel cassetto e mi ero occupata d’altro. Il mio rifiuto non aveva nulla a che fare con la poesia ma con il mondo dei critici che gli si muoveva attorno, pericolosissimi per una giovane bella ragazza. In seguito dalla casualità della scelta dell’editore, gradualmente mi si sono aperte nuove prospettive. Poi decisamente ho virato verso editori che offrivano buoni prodotti e visibilità. Poco mi ha entusiasmato, o , meglio, il successo delle mie opere mi ha confermata in un percorso di evoluzione e di ricerca.

Se tu fossi un editore cosa manterresti e cosa cambieresti dell’editoria poetica italiana? Cosa si aspettano i poeti dagli editori?

Gli editori sono imprenditori e debbono quindi fare guadagni; la manodopera è abbondante e pure i prodotti non mancano se non si va per il sottile. Credo che un buon editore debba far girare il prodotto, promuoverlo, pubblicizzarlo, non tanto per venderlo ma per farlo conoscere, e per farlo valutare. Credo che una buona scelta sia comunque premiante rispetto alla quantità.

La poesia di domani troverà sempre maggiore respiro nel web o starà in fondo all’ultimo scaffale delle grandi librerie dei centri commerciali? Qual è il maggior vantaggio di internet? E il peggior rischio?

Direi “Buona la prima”. Anche oggi pochi poeti arrivano nelle librerie e poco ci restano: occupano spazio e non rendono. Il mondo virtuale offre una buona visibilità ma sterilizza l’opera, forse anche la omologa e comunque perde una parte importante: l’oggetto libro, con il suo profumo di inchiostro, con l’odore e la grana della carta,… E poi un libro può essere sottolineato , rivisitato, arricchito con note a margine. Potrebbe e sarebbe auspicabile, passare dalla virtualità internettiana alla concretezza libraria; intendo dire che il libro che è piaciuto si può anche comprare.

Pensi che attorno alla poesia ¬ e all’arte in genere – si possa costruire una comunità critica, una rete sempre più competente e attenta, in grado di giudicare di volta in volta il valore di un prodotto culturale? Quale dovrebbe essere il ruolo della critica e dei critici rispetto alla poesia ed alla comunità alla quale essa si rivolge?

Credo che questo sia già successo; la comunità dei poeti si conosce , intrattiene rapporti critici e di scambio, circoscrive gli ingressi e dilata le competenze negli scambi. La critica ufficiale è ingessata, parla una lingua quasi incomprensibile, si occupa solo degli amici degli amici. Invece io ha una fitta rete di corrispondenze da cui mi provengono note , letture, suggerimenti.
Dal basso, dalla manovalanza.

Il canone è un limite di cui bisognerebbe fare a meno o uno strumento indispensabile? Pensi che nell’attraversamento della tradizione debba prevalere il rispetto delle regole o il loro provocatorio scardinamento?

Né l’uno né l’altro . Il canone deve essere duttile e adattarsi ai tempi, tuttavia un bel sonetto che parli della guerra in Afganistan, resta un bel sonetto che parla di attualità. Certe strategie retoriche nascono spontaneamente sulla carta, sono introiettate e diventano uno strumento d’uso, quando e se serve. La poesia aveva un canone, che sopravvive nella maestria, e ogni provocatorio scardinamento resta sterile, diventa scrittura di sola ragione, mentre la poesia coniuga la visione con la ragione.

In un paese come il nostro che ruolo dovrebbe avere un Ministro della Cultura? Quali sono, a tuo avviso, i modi che andrebbero adottati per promuovere la buona Letteratura e, in particolare, la buona Poesia?

Qui si entra in politica! Occorrerebbe sostituire al mercato massificato la rivendita al dettaglio, dalle piazze merceologiche occorrerebbe tornare alle piazze di quartiere o di paese, nate per gli incontri, le vere agorà. Servirebbe un ritmo di vita che favorisca la lentezza per promuovere incontri fondati sul dialogo e l’ascolto, non sulla festa. Non sentite aria borbonica, quella di “ feste, forca e farina”? Un paese senza cultura è asfittico e va verso la sua fine civile e sociale; diventa un paese di mercanti e acquirenti, senza fantasia, senza speranza, senza il guizzo dell’intelligenza, il progresso che promuovono speranze e sogno. E , miseramente, senza mistero.

Quali sono i fattori che più influiscono ¬ positivamente e negativamente ¬ sull’educazione poetica di una nazione? Dove credi che vi sia più bisogno di agire per una maggiore e migliore diffusione della cultura poetica? Chi dovrebbe farlo e come?

Un tempo esistevano gli intellettuali , oggi sono pochi e finiscono quasi tutti in tivu. Eppure è la scuola che deve educare alla poesia , al suo ascolto, al suo modo di comunicare. Ma questa scuola sempre più povera, non solo di mezzi e persone, ma anche di cultura ha ben poco da offrire. Si faccia un’indagine su quanti libri legge un insegnante di qualsiasi grado scolastico in un anno. I risultati sono deprimenti. Qualcosa dunque non ha funziato nel passato e ancora di più non funziona ora. I poveri affamati poeti ci guadagnano qualche laboratorio mal pagato. Io credo che una poesia al giorno tolga il conformismo di torno e allora suggerirei ai quotidiani , al mondo della stampa e della comunicazione in genere, di offrire una sola poesia al giorno, moderna e o classica, lirica o narrativa, canonica e meno, impegnata o sentimentale nella sua accezione migliore.

Il poeta è un cittadino o un apolide? Quali responsabilità ha verso il suo pubblico? Quali comportamenti potrebbero essere importanti?

Il poeta è un cittadino apolide. E’ cittadino del suo paese e del mondo, si misura sulla realtà minimale e su quella globale, non se ne sta chiuso in una torre, si spende, deflagra, si ricompone , addita e si lecca le ferite. E’ cittadino sempre ma non conosce frontiere e barriere.

10) Credi più nel valore dell’ispirazione o nella disciplina? Come aspetti che si accenda una scintilla e come la tieni accesa?

Credo nell’ispirazione e quindi nella disciplina. L’una senza l’altra non sono autosufficienti. La sola ispirazione è estrazione di materiale ancora informe , è sostanza a cui la ragione fornisce una forma.

11) Scrivi per comunicare un’emozione o un‘idea? La poesia ha un messaggio, qualcosa da chiedere o qualcosa da dire?

La poesia ha sempre qualcosa da dire, ma non sarei così dicotomica; la poesia deve andare oltre l’ombelico di chi scrive e porsi come coscienza critica e delle proprie esperienze e di quelle del mondo. Emozioni, messaggi, eticità, domande e denunce: la poesia fa tutto questo senza usare toni declamatori o da proclami. Ce ne sono troppi tutt’intorno a sovrastare la sua voce.

12) Cosa pensano della poesia le persone che ami?

Alcune sono indifferenti, altre si sono sensibilizzate. Un poeta in famiglia non produce reddito e la poesia pare la più inutile delle arti.

13) Sei costretto a dividere il tempo che più volentieri dedicheresti alla poesia con un lavoro che con la poesia ha davvero poco a che fare? Trovi una contraddizione in chi ha la fortuna di scrivere per mestiere? Come vivi la tua condizione?

Insegno e la mia competenza settoriale integra quella formativa, quindi sono fortunata. Non credo che si possa essere poeti per mestiere; il mestiere è dei narratori che fanno guadagnare e attorno ai quali si muovono gost writer di sostegno.

14) Cosa speri per il tuo futuro? E per quello della poesia? Cosa manca e cosa serve alla poesia ed ai poeti oggi?

Il mio futuro non dipende dalla poesia, certamente vorrei allori e l’attenzione di case editrici che non si fanno pagare. ( Speranza vana se anche Montale ha pagato dopo un Nobel). Credo che alla poesia manchi la selezione, ovvero dei criteri il più possibile condivisi di valutazione, manca anche la diffusione e il mercato. Come ovviare? Non so fare miracoli.

 


Narda Fattori è nata e risiede a Gatteo ( FC), ha scritto numerose opere di didattica per le maggiori case editrici del settore,  ha pubblicato cinque volumi di poesie: Se Amor Parla, Editrice Autore Libri (FI), 1995; E curo nel giardino la gramigna, Ibiskos Editrice, 1996, a seguito di un primo premio con pubblicazione; L’una e i falò, editrice “Il Vicolo” di Cesena (FO) 1998; Terra di nessuno, edizioni “il Corriere della Garfagnana”, 2000.( 1° premio “Olinto Dini” di Castelnuovo G. Lucca); Verso Occidente, 2004 , Fara Editore, Rimini; Cronache disadorne, 2007 , ed. Joker. Ha scritto il racconto lungo A Natale specialmente, per Il Vicolo editore, 2007. Nel 2009 ha pubblicato l’opera in versi Il verso del moto, Moby Dick editore. Tutti i libri pubblicati hanno ricevuto premi nazionali collocandosi spesso al primo posto. E’ inoltre presente con una silloge di 10 poesie in ciascuno dei volumi antologici  Voce Donna 1997, Voce Donna 1998 e Voce Donna 1999 editi da “Il Vicolo” di Cesena per iniziativa del municipio della città. , nell’antologia “Santarcangelo della poesia” , Luisè Editore ( RN); nell’antologia “Il novecento etico- religioso” a cura di Vittoriano Esposito, Bastogi Editore, e con una silloge dal titolo “A che punto è la notte?” nell’antologia Farapoesia. Poesie singole sono ospitate in numerose riviste. Scrive prefazioni e postfazioni , recensioni, e fa parte di alcune giurie di premi prestigiosi. E’ stata recensita da qualificati critici. Recensioni dei suoi libri sono apparse su riviste di rilievo di poesia, nei blog, sui quotidiani.

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2 Comments

  • lucidità e chiarezza nelle risposte di Narda.poeta che stimo e la cui poetica ho avuto modo di conoscere meglio ultimamente.
    Condivido tutte le argomentazioni, soprattutto quelle riguardanti la faciloneria con cui tanti nel web si autodefiniscono poeti., Per non dire del profitto delle piccole case editrici a pagamento che ne rinsaldano le convinzioni.

    cb

  • Risposte da condividere. Alcune, come la 12 e la 13 mi hanno fatto sorridere, le vivo.
    Complimenti vivissimi.
    cb

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