Opera prima 2012, due appunti

 

di Giacomo Cerrai

L’iniziativa di Poesia 2.0 “Opera prima“, in collaborazione con la collana omonima edita da Cierre Grafica e diretta da Flavio Ermini, ha poi trovato qualche settimana fa il suo esito. Il consiglio editoriiale della collana, sulla base di una terna espressa dalla giuria (o comitato di lettura) di cui facevo parte anche io insieme a Giorgio Bonacini, Stefano Guglielmin, Gilberto Isella e Rosa Pierno, ha assegnato il premio, con conseguente pubblicazione gratuita, a Manuel Micaletto per la silloge “Il piombo e lo specchio”. Gli altri due finalisti erano Loredana Semantica con “L’informe amniotico” e Veronica Sara Pinto con la raccolta “Poesie 2010-2011”. Tutte e tre le opere sono leggibili nella loro interezza [QUI]. I partecipanti erano stati una ventina, il valore molto variegato. Per il 2013 Poesia 2.0 replica, come può leggere [QUI] chi volesse partecipare.

Un’opera prima non è mai tale del tutto, tutte le dichiarazioni di poetica che hanno accompagnato le raccolte inviate testimoniano un percorso culturale e creativo già alle spalle, una riflessione, una maturazione, di cui l’opera prima deve essere il coagulo. Un’opera prima è sempre qualcosa di interessante, forse quasi al di là del suo valore. Perché si spera che offra indizi sul futuro, degli autori o della poesia in genere, qualche frammento di nuove tematiche o territori poetici, qualche segnale, per quanto vago, dello spirito del tempo che spira da queste parti, qualche indicazione sulla lenta evoluzione della forma e del linguaggio. Non credo che sia chiedere troppo, in fondo. Era (ed è) almeno questo l’impulso primario dell’iniziativa.

Qualche testo (più o meno emblematico)

Manuel Micaletto

Ri-capitolazione

Non si interroga un oggetto ma si collauda il vuoto
non si torna vivi tra i vivi per raccontare
come l’occhio si conclude dove
comincia la pista degli atomi e più o meno tutto si arrampica
per mai più tornare, più o meno tutto stravolto, con le zampe
che tentano un recupero, un insetto in quella frenesia
che risucchia l’aria – e la crosta pure intatta, dietro, fa a gara
col mondo, disegna una ruota, una trottola
nel cuore della corsa, un giocattolo
della fine.

L’infanzia è un ronzio di aerosol: un boccaglio spray
attrae la percentuale, la frazione curativa, il settore
che ripristina il sangue, l’acqua derivativa
ai minimi termini.

*

Rodaggio

Non c’è intelligenza nei passi ma la molla
asciugata di scatto, la retorica del corpo, la circolazione.

(Se osservi un millepiedi muoversi
hai veramente l’impressione di vedere un’onda
che sfila lungo i suoi fianchi)

A volte quando dormi
un braccio dorme più forte, ti sveglia. ora è sordo,
chiama il mondo a raccolta. così una parentesi
si allarga a forbice
dall’unghia alla spalla – così una periferia
del discorso, una subordinata
costruisce il consenso.

Anche il sonno è una disciplina,
gli occhi a pieno regime. sarà materia di studio,
elenco puntato, indice, dottrina. Lo stesso azzurro del cuscino
ci sarà da lezione. un confine semplice.

Intanto quel braccio prosegue, realizza
un distinguo, scioglie gli indugi, fa
come niente fosse, esprime un peso.
tutto un mondo, ora, passa la mano, scivola
nel linguaggio, commette un’intesa.

– da che ho invertito
osservanza e osservazione

(Verremo poi interrogati, valutati, daremo conto del sangue)

 *

Mi piacciono i labirinti sospesi
come in KULA WORLD, sapere un cielo
di laser, ustioni
una semplificazione delle sfere
dall’Empireo ai palloni, dai pianeti
ai cinema. Similmente
non ci è dato percorrere una città,
ma colpire a valanga, travolgere le ante.

Tutte le case sono una,
l’economia domestica. E ciascuna
custodisce il mistero
delle cose svelate, e un altro più uniforme
che dispone la presenza,
la materia compres(s)a.

Diciamo indifferentemente
quanto sopra e memoria, nulla si crea
nulla si ricrea, tutto viene a noia
prima di svanire in corner, a febbraio.

Un insieme è la bolla
più insperata: stabiliamo una tattica
di interruttori, la slavina di merito
che piomba sul muso della stanza,
sulla plafoniera.

“Questo quadro potrebbe far perdere la fede”
“Nessun quadro è bonus.
Perderai 30 vite.
A ciascuna opporrai la torsione stabilita, il click.
Resusciterai
all’inizio del mondo, nel midollo di luce
dove apprenderai Cristo,
la croce direzionale”.


Veronica Sara Pinto

Prestami la tua anima
una di quelle che insieme ai discorsi
mi hai rovesciato addosso tante sere.
Decidi tu, non importa quale
un’anima delle tue
anche mediocre ma che senta
che mi tolga il tempo e la voglia
di essere senza pace addormentata
non mi dia tregua e mi lasci affondare
questo sorriso che non ha paura di niente
che si preoccupa tanto ma per poco.
Prestami le tue lacrime notturne
i tuoi bisbigli nel sonno
il tempo che passi a consolarti.
Forse posso imparare
a non mortificarmi con parole dure
per meravigliarmi di come, dopotutto,
non riescano a ferirmi.
Ho deciso, sono pronta, posso imparare.
Quando ti guardo dormire sento qualcosa
come un tepore che arrossisce nello stomaco
e mi si apre un vuoto, una fame sconsolata.
Vorrei prenderti e scavarmi
un posto fra il tuo seno e la tua pancia
vorrei prenderti piena di mani e ridere di te
che mi fai tanto spazio, senza sapere.
Vorrei morderti fino a farti piangere e urlare
di andare via, di lasciarti.
Invece non faccio che abbracciarti
quando ti vedo dormire
annusarti i capelli, il collo, asciugarti il sudore.

*

Gelosia

Amore che vai
con lo sguardo altrove
e poi ritorni a cercare la mia rabbia
se te la tolgo -come mi chiedi-
che me ne farò
di questa libertà
così piccola che ti prendi?
Che me faccio poi:
potrò guardarci un culo a caso
senza che t’offendi?
Però se vuoi
va bene giochiamo
cerco qualcosa e t’incateno.
Ti lego gli occhi i pensieri le mani.
Come se ce ne fosse bisogno
per adesso
come se fosse mai servito a qualcosa
per il futuro.

*

Cari tutti i miei amici
mi hanno detto che devo dirvi
che mi piace.
E io ve lo voglio dire pubblicamente
mi piace molto, mi piace!
Vi risparmio chi e cosa anche il perchè
l’importante è che vi arrivi il succo
dell’informazione.
Amici miei tutti
oggi un dittatore è in fuga
un altro non ci vuole lasciare.
Cosa ne penso?
Ve lo segnalerò?
Avevo giusto ieri qui
da qualche parte due righe d’opinione.
Il pollice in basso in basso
fa il suo lavoro si oppone
basta cliccare.
Sarà che è notte ed è feriale
sarà mattina presto forse festiva
sarà la pausa pranzo sempre più corta
l’uscio aperto
per prendere l’ultima metro
prima dello sciopero
ogni volta più stretto
ma nelle strade romane
c’è un silenzio surreale.
Perfino se ti si pesta il piede
trovi chi alza le mani
pollice in vista, per chiedere scusa
senza parole.


Loredana Semantica

45

E’ così che si macchiano i pupazzi. sberciando orli di fatica. piatti. arnesi. libri. allora le maglie si scolorano nella lavatrice. assale un puzzo di disordine. e il tempo che rimane. pare perso all’occasione. quarantacinque passi nella vita. quando le strade sono vuote. e lavorare stanca. come Cesare attorno alla domanda. dove sia la donna. che dal vuoto faccia casa.

*

36

Noi nasciamo dal sopruso
quello versato sugli occhi ogni volta
dalla nascita al giorno di natale
quando aspettiamo ogni volta
che spuntino le primule
le ali sulla schiena
la catarsi
allunghiamo le braccia verso il sole
e germogliamo penne dal futuro.

Dal sopruso nasciamo
e dalle pietre
maturate al sole di gennaio
come guerrieri sconfitti
teste tagliate
trentasei denti d’Idra
nella terra seminati bianchi
lucenti e fioriti
dal suo sangue.

Lucente fiorisce
e nelle ossa trema
il freddo in trasparenza
il gelo
il cuore che sfiancato tiene
battendo duro nel tallone
per i veli in superficie
per le coperte
per la neve che dorme
per la radice
per le zolle rivoltate
fino all’imo
per il silenzio delle piume
che divora la carne
che impressiona.

*

30

Arida è la lingua senza sole. nonostante sembrasse un pozzo senza fondo. nonostante avesse in corpo. slanci d’azzurro e verdi foglie. anche a pescare con la scumarola. niente affiora. nessun suono. nessuna parola. questa è l’ora trentesima. risacca dell’ insignificanza. pena nera. nera pietà del mondo.

*

7

Di una magrezza estrema. i sette anni. credevano d’avere per missione. di far ridere tutti. come un buffone.

**************************

Dunque, che aria tira qui? Io, oggetti (anche come totem o estensioni del sé o borgesiani zahir), casa, corpo dentro e fuori, anche sentimenti ma in sede problematica. C’è più sonno e meno sogno. L’areale è domestico, l’atmosfera è quella di una crisi guardata dall’interno, anche da un interno abitativo e quindi fisico. Guardata da un “interno” anche consapevolmente. Dice infatti Micaletto nella sua dichiarazione di poetica:” La casa, inevitabilmente, è il témenos. Il luogo (e non lo spazio) spinoziano dove collidono istanza etica e geometrica. (…). Dove l’azione è prosciolta dalla volontà, scagionata, tradotta in gesto gestazione”. Ipotesi di lavoro suggestiva, non c’è che dire (e forse, ammenda, da questo punto di vista avevo sottovalutato il nostro). Nell’ambito domestico, anche tralasciando le implicazioni “difensivistiche” o subpsicologiche della cosa, si dispiega il mondo poetico, l’esperienza da analizzare, l’osservazione sia del proprio disagio che delle dinamiche sentimentali. Il mondo che entra, in tutti e tre gli autori (cosa emblematica) entra (anche) dalla finestra di Internet, sia esso videogame o Facebook (dice Semantica: Se io scrivo. e poi ti taggo. e poi ti chiedo. e poi gradisco…). Quindi virtuale, quindi ancora hortus (difensivamente) conclusus, sebbene con qualche ironia malinconicamente postmod. Ma nello stesso tempo fatto storicizzato, culturale, anch’esso estensione e interfaccia di un io. L’esterno, nella fattispecie la città tanto presente nella poesia giovane degli anni ’90 e 2000, è un territorio vago che sembra aver perso valenza o funzione, le tematiche “civili” (parlo di quelle esplicite, non tanto del disagio che una poesia “di crisi” sottende sempre) se raramente appaiono lo fanno “citando” la mediazione della tv, come nella poesia di Pinto “Una grassa verità”, qui non riportata. Insomma il clima complessivo è questo, salvo le debite eccezioni che pure esistono, e non c’è da farne una critica più di tanto perchè in relazione alla temperie i risultati artistici sono molto buoni. Vedremo il futuro cosa ci riserba.

E’ semmai sul piano dell’espressione che il lavoro si appunta, come se si esplorassero con accuratezza tutti gli angoli possibili della “casa”. Varia tra questi autori il linguaggio, varia la speculazione (sia depurato il termine) sulla parola, varia il fraseggio sul piano testuale. Semantica, oltre a propendere decisamente per una poesia in prosa secca, scommette su una frantumazione della linea sintattica costellata di punti che suggerisce una lettura affranta e “singhiozzata” e con una tavolozza di parole abbastanza minimalista (ma non bisogna dimenticare che la sua silloge è costruita in maniera sequenziale, ovvero costituisce di per sé un testo nel senso in cui lo intendeva Todorov). Micaletto è più articolato, più fiducioso nelle capacità evocative e metaforiche del suo vocabolario, che spalma e accosta in maniera quasi materica, sfruttando i salti di potenziale di campi semantici anche lontani. Pinto forse è quella che usa il linguaggio poetico in maniera più “tradizionale” (usando il termine con la dovuta cautela) ma con molta consapevolezza e forse in maniera più “calda” rispetto agli altri, esprimendo bene una carica affettiva che ci è comune e ci parla (e ricordiamoci che la poesia d’amore è cosa tutt’altro che semplice). In tutti comunque l’esito è molto personale, efficace il trattamento del materiale poetico, oltre a presentare non pochi altri spunti di interesse di cui forse parleremo. L’esperienza è stata positiva. Ad maiora.

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  • “Un’opera prima è sempre qualcosa di interessante, forse quasi al di là del suo valore. Perché si spera che offra indizi sul futuro, degli autori o della poesia in genere, qualche frammento di nuove tematiche o territori poetici, qualche segnale, per quanto vago, dello spirito del tempo che spira da queste parti, qualche indicazione sulla lenta evoluzione della forma e del linguaggio.”
    Ringrazio Giacomo Cerrai di questi appunti e spero a mia volta che queste opere (più o meno prime) corrispondano all’altrui speranza.
    Cari saluti

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