Parola ai Poeti: Daniela Cattani Rusich

 

Qual è lo “stato di salute” della poesia in Italia? E quello dei poeti?

Precario. Ma credo dipenda molto dalle diverse condizioni in cui la poesia può o non può esprimersi. Lo stato di salute della poesia italiana è minacciato e indebolto dal mercato: le librerie accettano malvolentieri libri di poesia, i lettori non li comprano perché tanto – dicono – la poesia oggi si legge sul web, e gli editori faticano, perché – dicono- non vende. In alcuni la buona volontà c’è, ma poi sono i poeti a dover scendere per le strade, nei locali, nelle piazze a portare la parola alle gente per fa sì che la gente si avvicini a questo genere letterario ormai così poco conforme alla società della fretta e dell’immagine. Io lo faccio da tempo, organizzando eventi di vario tipo non solo per me stessa, anzi, e posso affermare che il riscontro da parte del pubblico “dal vivo” è forte. Ma mi rendo anche conto che non tutti i poeti sono buoni lettori e interpreti…  D’altra parte, il lavoro del poeta è nel suo silenzio, nel suo spazio libero.

 

Quando hai pubblicato il tuo primo libro e come hai capito che era il momento giusto? Come hai scelto con chi pubblicare? Cosa ti aspettavi? Cosa ti ha entusiasmato e cosa ti ha deluso?

Avevo ripreso a vivere e a scrivere poesia dopo un lungo periodo di depressione, causato da un matrimonio fallito e da malanni fisici, che peraltro hanno costellato la mia vita. Ripreso perché  la poesia era dentro di me fin da bambina e l’ho sempre messa su carta. A un tratto mi sono “svegliata” e mi sono resa conto che di cose da dire ne avevo, ho cominciato a confrontarmi con i lettori, col pubblico, per uscire dal mio guscio,  e l’accoglienza benevola è stata terapeutica. Così ho pubblicato con una casa editrice lombarda, che mi ha consentito di pagarmi le copie attraverso la collaborazione: di meglio non potevo chiedere. Il resto è andato bene: la mia prima silloge è arrivata terza a un concorso nazionale, ho cominciato a organizzare presentazioni, poi a collaborare con altre case editrici e a pubblicare le mie opere successive, sempre con qualche bella gratificazione in termini di ricezione da parte dei lettori, sia per quanto riguarda i premi.

 

Se tu fossi un editore cosa manterresti e cosa cambieresti dell’editoria poetica italiana? Cosa si aspettano i poeti dagli editori?

Oggi i poeti spesso si aspettano troppo dagli editori, sono poco collaborativi. Secondo me dovrebbero mettersi più in gioco in prima persona; per esperienza so che la poesia parlata ha un impatto diverso che la poesia letta su un monitor. Mi rendo conto che questo “mestiere” è ancora investito di quell’allure romantica e un po’ maudit che aveva  un tempo, ma oggi viviamo in una società troppo diversa.
Collaborazione è la parola magica per me. Sempre, in ogni campo.
Se potessi cambiare qualcosa, eliminerei gli editori a pagamento, ma anche e soprattutto quelli che non selezionano, che pubblicano tutto e tutti inflazionando il mercato. Svuoterei più di qualche scaffale delle librerie da robaccia commerciale e la sostituirei con libri di poesia di autori contemporanei bravi, i quali purtroppo vengono ancora poco considerati. Non credo alle logiche mercantilistiche per cui si dice che, poiché non c’è domanda, sia inutile l’offerta. Ribalto la questione: se non c’è offerta, come fa ad esserci richiesta?. Cominciamo a  esporre la poesia, a riempire le libreria di poesia, pubblicare poesia, fare eventi di poesia. E la gente si accorgerà che è viva e vitale.

 

La poesia di domani troverà sempre maggiore respiro nel web o starà in fondo all’ultimo scaffale delle grandi librerie dei centri commerciali? Qual è il maggior vantaggio di internet? E il peggior rischio?

Per quel che vedo io, in provincia di Milano, nei centri commerciali la poesia non si trova nemmeno sull’ultimo scaffale, spesso resta in magazzino, a parte i quattro o cinque soliti noti. Sul web, temo, prima o poi imploderà, perché c’è troppa confusione tra P-oesie e  P-ensierini, scritti certo con il cuore ma che non hanno nulla a che fare con la Prima che ho detto. Ad aggravare la situazione mancano educazione e coscienza critica.
Il maggior vantaggio di internet è la visibilità. E i web magazine come il vostro che danno spazio ad autori di un certo livello.
Il rischio peggiore è la confusione, fare di tutta l’erba un fascio, falciando il grano insieme alla gramigna.

 

Pensi che attorno alla poesia – e all’arte in genere – si possa costruire una comunità critica, una rete sempre più competente e attenta, in grado di giudicare di volta in volta il valore di un prodotto culturale? Quale dovrebbe essere il ruolo della critica e dei critici rispetto alla poesia ed alla comunità alla quale essa si rivolge?

Sì, io sono un’idealista e penso si possa fare, ma è un’operazione difficile. Molti guardano solo al proprio orticello personale  e questo non è un bene: la poesia deve unire, non dividere. Bisogna essere grandi lettori e imparare umilmente dagli altri.
Il ruolo della critica dovrebbe essere educativo e costruttivo, non soltanto esaltazione dei migliori [che poi bisognerebbe stabilire – o almeno rendere noti – i parametri sui quali si basa questa “classifica”], ma stimolo a crescere, a far comprendere a tutti di cosa si sta parlando.

 

Il canone è un limite di cui bisognerebbe fare a meno o uno strumento indispensabile? Pensi che nell’attraversamento della tradizione debba prevalere il rispetto delle regole o il loro provocatorio scardinamento?

La conoscenza delle regole è basilare, ma le regole sono fatte per essere trasgredite. Quindi mi sta benissimo anche la poesia sperimentale, purché si avverta il substrato culturale e tecnico [con l’accezione del greco techne – arte] su cui si fonda e si evolve. La poesia è provocazione e movimento, non può restare ferma, deve camminare con i tempi.

 

In un paese come il nostro che ruolo dovrebbe avere un Ministro della Cultura? Quali sono, a tuo avviso, i modi che andrebbero adottati per promuovere la buona Letteratura e, in particolare, la buona poesia?

Un buon ministro della cultura dovrebbe agevolare al massimo i piccoli editori coraggiosi, invece di sostenere sempre  i soliti transatlantici, che hanno già le risorse e che spesso pubblicano cose pietose. Dovrebbe rendere accessibili a tutti i meritevoli i grandi premi nazionali della tradizione narrativa italiana e istituire più premi di poesia. Dovrebbe sostenere le associazioni culturali, che fanno fatica a sopravvivere, e portare tanta poesia nelle scuole, in televisione, sui giornali. Dovrebbe considerare l’assessorato alla cultura di ogni comune importantissimo e dare un maggior contributo alla diffusione dell’arte in genere sul territorio.

 

Quali sono i fattori che più influiscono – positivamente e negativamente – sull’educazione poetica di una nazione? Dove credi che vi sia più bisogno di agire per una maggiore e migliore diffusione della cultura poetica? Chi dovrebbe farlo e come?

La scuola, ma ci vogliono specialisti perché gli insegnanti non possono essere preparati su tutto e spesso hanno ancora un metodo obsoleto che serve più a far odiare la poesia che ad amarla; i comuni, favorendo la realizzazione di eventi poetici, e i mass media!
televisione, giornali, radio…  Ecco! un ritorno delle persone all’ascolto della radio e della radio alla lettura sarebbe grandioso e molto efficace, secondo me. Il popolo della TV è più passivo e omologato, quello della radio meno.

 

Il poeta è un cittadino o un apolide? Quali responsabilità ha verso il suo pubblico? Quali comportamenti potrebbero essere importanti?

1)Nel mio caso un apolide, ma ciò è dovuto anche a una questione genetica, essendo io un sangue misto che nella poesia ha sempre cercato l’unica “casa” possibile. Il poeta, probabilmente, è entrambe  le cose: parla di ciò che conosce o intuisce, s’immedesima, denuncia,  immagina. Oppure studia per conoscere, viaggia ed elabora ciò che coglie nell’aria. E’ qui e altrove.
2) Responsabilità: l’onestà intellettuale
3) Li ho descritti sopra

 

Credi più nel valore dell’ispirazione o nella disciplina? Come aspetti che si accenda una scintilla e come la tieni accesa?

Credo che ognuno abbia un proprio metodo. Personalmente, essendo un’istintiva, do maggior valore all’ispirazione, mi lascio prendere per mano e viaggio insieme a “lei”.
Lascio emergere ciò che si è sedimentato dentro a flusso libero. Poi sistemo i versi, imprimo loro una forma. Ma la materia su cui lavorare deve essere grezza. E l’ispirazione libera.

 

Scrivi per comunicare un’emozione o un’idea? La poesia ha un messaggio, qualcosa da chiedere o qualcosa da dire?

Scrivo perché ho qualcosa che punge dentro, sia per comunicare un’emozione, sia per esprimere un’idea. La poesia contiene sempre un messaggio, più o meno esplicito. Il poeta è anche un po’ filosofo in fondo, ha una sua visione della vita e la veicola attraverso la poesia.

 

Cosa pensano della poesia le persone che ami?

Bella, nobile Arte…  ma poi si orientano quasi esclusivamente sui classici. A parte mia madre che a settantacinque anni è onnivora e ancora curiosa del mondo.

 

Sei costretto a dividere il tempo che più volentieri dedicheresti alla poesia con un lavoro che con la poesia ha davvero poco a che fare? Trovi una contraddizione in chi ha la fortuna di scrivere per mestiere? Come vivi la tua condizione?

Per molto tempo l’ho fatto, ma era un lavoro creativo che mi gratificava. Poi, con gli anni, la scuola è diventata sempre più povera di contenuti e di motivazioni e carica di burocrazia e di frustrazione. Stavo veramente male. Così ho lasciato. Ma ho potuto farlo solo perché le mie condizioni di salute non mi permettevano più di lavorare. E adesso posso dedicarmi totalmente alla poesia e alla cultura in generale.

 

Cosa speri per il tuo futuro? E per quello della poesia? Cosa manca e cosa serve alla poesia ed ai poeti oggi?

Per quanto riguarda me, spero di  continuare così, impegnandomi a migliorare me stessa continuamente.
Cosa serve ai poeti: studio, iniziativa, testa dura, aggregazione. Cosa serve alla poesia: spazio dove potere vivere e far sentire la propria voce. Magari, se c’è l’eco, ancora meglio.


 

Daniela Cattani Rusich, sangue misto (friulano, greco, slavo, turco, armeno), scrive fin da bambina. Pubblicista, scrittrice e performer, ha insegnato per venticinque anni e attualmente collabora con alcune case editrici in veste di editor e curatrice di antologie. E’ redatrice del sito Poetika, direttore creativo di Onirica edizioni e ideatrice del circolo artistico culturale Casteld’Arte. Organizza e partecipa a numerosi eventi e si dedica con passione alla videoarte.
Diversi suoi testi, sia in prosa che in versi, sono  presenti su riviste letterarie e in antologie di autori vari, edite da Giulio Perrone, Albus, Aletti, Liberodiscrivere, Liminamentis, Onirica edizioni. Primo premio al XVI concorso internazionale, patrocinato dal Presidente della Repubblica, “Them Romano”, con il racconto Porrajmos-l’olocausto zingaro. Primo premio al concorso “Un monte di poesia” 2009 con la lirica Segreta, terzo premio al concorso nazionale “Poetando” con la silloge Rendimi l’anima, e tra i cinque finalisti del “Premio Massa città fiabesca di mare e di marmo” con la silloge Segreta nel 2011.
Ha  preso parte al romanzo corale al femminile Malta Femmina, edito da Zona. A settembre è uscito il suo primo romanzo breve C’è Nessuno per Onirica edizioni.

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7 Comments

  • Grazie a tutti di vero cuore! Sono felice che ci siano persone che la pensano come me, e sono persone che stimo, che si impegnano a diffondere poesia.
    Un abbraccio!
    *danj

  • Condivido tutto di questa bella intervista a Daniela.
    Ci accomunano molte risposte che rispecchiano anche il mio pensiero sullo stato della poesia oggi.
    Un caro saluto

    cb

  • La poesia di Daniela, al di là delle sue condivisibili posizioni critiche su cui sono d’accordo, ha delle caratteristiche molto forti e vicine alla poetica delle Fragili Guerriere, il dolore che penetra il corpo, la sostanza di pathos e di contrasti straordinari che Daniela sente fin nelle viscere e nell’anima. Ma l’anima è segreta. Qualcuno ha detto che la sua è duplicità, ricerca dell’unità nella molteplicità, che è poi tipica delle donne. La sua poesia fa riconciliare con le varie esperienze scialbe e arzigogolate che si leggono dappertutto. E’ intensa come una sudamericana, e netta, dura, intensa e concentrata come un’europea.Io, personalmente mi trovo a recensire e commentare versi insipidi, corretti che non sbagliano un vocabolo, puliti, limpidi, da premio, ma di cui non ricordi una parola. Ma soprattutto su cui non sapresti scrivere un rigo.Poi ti sorregge la tua abitudine, il mestiere che cerca anche parole neutre per dare una dignità all’autore (d’accordo che l’autore non esiste ,è la poesia stessa che unisce fluisce crea). Di Daniela credo che questa poesia che citerò sia una delle più peculiari della sua poetica e tra le più forti di certa poesia contemporanea. Meriterebbe una riflessione a parte.
    E ditemi voi se non è vero:

    half_light

    Forse perché il vento d’inverno
    da molte solitudini il fianco sospinge
    con unghie di ghiaccio conficcate nella carne
    – tenera, che ormai l’ora si fa tarda –
    soffiando da Nord, da Sud, da Oriente e da Occidente
    tra gli spiragli di una tenebra inquieta

    O forse perché inverno ci raggiunge sempre
    da lontano, come una perla che rotola piano
    lungo un pendio nervoso di sorrisi tirati
    senza perdere il suo uncino, cadendo soavemente
    sulle ferite aperte, sull’anima sanguigna,
    che asciuga l’acqua al sale e non pretende quiete

    Forse per questo nostro andare senza tregua
    con i piedi feriti, da molti venti accompagnati
    verso un altrove che non è, che non sappiamo,
    per poi girarci indietro e scorgerne la resa
    che sempre è stata a un passo dalla schiena
    come un vestito stretto in vita, corto al braccio.

    Forse è così che l’ombra arranca a un metro
    e noi costanti a trascinarla come un giogo
    come un dolore innato sulle spalle arcuate
    o nelle borse sotto gli occhi come un trucco
    [che non sveliamo mai, fino alla fine…]

    Implorando in segreto la spina
    e indossando la maschera bella.

  • Daniela è un’autrice “pura”, ma si è dovuta scontrare con il mondo dell’editoria, facendone ultimamente in parte il suo mestiere: editing, prefazioni, recensioni, organizzazione di eventi e performance, che in qualche modo l’hanno “contaminata”, rendendola consapevole di una realtà, che da idealista ma al tempo stesso donna intelligente e versatile qual è, ha saputo affrontare con grande spirito di abnegazione verso gli altri e qualche presa di coscienza amara, che senza dubbio l’ha resa più concreta (concreta è una parola grossa per lei). Questo non ha spento il suo desiderio di lottare per la vera arte, la sua infinita passione, anzi: le ha aperto gli occhi su dimensioni diverse che ha saputo far proprie come un vero artista sa fare.
    So come lavora e quanto sia il suo impegno nel portare la poesia “alla luce”, e non posso che augurarle un percorso in continua ascesa, perché se lo merita davvero.
    Adriano

  • Cara Daniela, sottoscrivo. Diciamo che è giusto che il poeta si confronti ed abbia coraggio. Certo, non sempre il poeta è un buon lettore di se stesso. Io per esempio non ne sarei capace. Penso anche che sul web la confusione tra poesia e pensierini sia eccessiva; sembra più semplice, infatti, essere letti, ma spesso i giudizi sono dettati più dall’amicizia che dalla sincerità. È il destino della poesia quello di oscillare perennemente tra successo e retrovia. Per esempio, dopo la guerra, con l’avanguardia, c’è stato il tentativo di un rinnovamento del linguaggio poetico per renderlo più vicino al tempo, più essenziale. Ma poi, come spesso accade, forse quell’avanguardia si è attorcigliata su se stessa, rendendo la sua poesia incomprensibile.
    Io vedo un altro rischio: ossia, la giusta idea di non chiudere la poesia nell’intimità di chi la scriva, non la deve far divenire troppo spettacolare. Perché la poesia deve rimanere una forma d’arte unica e può essere contaminata, ma non, come dire… “usata”.
    Giuseppe

  • Cara Daniela, ho letto tutto attentamente, e concordo in tutto tranne che per i concorsi, non conosco quelli ai quali tu hai partecipato, in generale o quasi tutti, come certe associazioni culturali, stanno in piedi solo per fare cassa, riempirsi le tasche alle spalle degli artisti,e, tutto, “diventa crusca anzichè poesia”.
    Purtroppo, queste formiche che sprecano paroloni facendo credere che tutto ciò che fanno e organizzano sia per aiutare gli artisti, in realtà creano business esclusivamente per loro tornaconto.
    Vivono appunto perchè l “artista” di turno, così almeno credono di esserlo, preferisce pagare un trofeo o una medaglia per poi dire che hanno vinto qualcosa!
    Parlo con cognizione di causa ed in base alla mia esperienza. Ciò accade anche per tutti quegli artisti che partecipano a mostre di pittura pagando un sacco di quattrini…e anche qui dovrei aprire un discorso troppo lungo e non mi sembra il caso.. se mai in qualche sede più approriata se ci sarà una occassione per farlo.
    Ecco perchè oramai da tanti anni Concorsi vari, come li ricevo li cestino, soprattutto quelli che mettono in palio soldi, sanno già prima di organizzare un concorso a chi sono destinati…Sia chiaro, niente di personale nè con te, nè con Orny-ma etc, non vi conosco e non so come lavorate, io giudico per quel che vedo con i miei occhi.. ed è da qui che partecipo solo dove so che posso constatare di persona come, e cosa si fa di concreto, fermo restando che sono consapevole che nemmeno il cane muove la coda x nulla! capito la metafora?
    Faccio un esempio: quando una fantomatica associazione chiede ai poeti una certa cifra, intorno ai 100,00€ e +… come è possibile non pensare che se anche si vincesse una coppa, con quei soldi te la potevi comprare? te la compravi da te e risparmiavi tempo e denaro!!.
    Termino dicendo e scusa se mi sono dilungata, ma credo dopo averti conosciuta di persona di poter parlare sinceramente ad una persona intelligente oltre che ad una vera artista.Ebbene,
    con questa società così corrotta, piena di sbruffoni, arroganza e sfruttatori, come si può pensare ad una vera cultura dell arte???
    Io aderisco a mostre o iniziative, ( ovvio nel limite del mio possibile, quando si ha una famiglia ed un lavoro da seguire, purtroppo non sempre si può fare quello che si vorrebbe nella creatività, e ti assicuro è una sofferenza nascosta ma che ti rode dentro, mentre si sorride! sia essa pittura o poesia o altro…)Queste sono le scelte che mi sono imposta: scelgo quei due o tre eventi dei quali so che posso seguire, ad ogni prima presentazione mi presento con alcune poesie, poche parole, giusto per presentarmi e ti assicuro che ogni volta è un successo.. perfortuna ci sono ancora tante persone che seguono l arte in generale ( i più tanti sono gli addetti ai lavori, non lo puoi negare!), ma ci sono, viva Dio! e molto attenti, solo che ci si deve organizzare proponendo il progetto la dove voglio parteciparvi.. se così è bene, altrimenti ne faccio a meno. tempo da perdere non ne ho!
    la seconda metà di maggio sarò con Mauro Campora di Arte Concordia, su F.B.a FE- Una personale,ho chiesto il permesso di fare delle istallazioni.. mi è stato detto di si, che posso fare tutto quello che voglio.. come sempre, aprirò la prima con poesie…queste sono le iniziative valide e che hanno un valore! secondo me, naturalmente.
    spero venire x la seconda venerdì di marzo a cassano d adda. grazie dell ospitalità. scusa la lungaggine ma era un intervento troppo interessante per concluderlo con due righe! ciao a presto Enrica Miglioli

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