“l’opera è incompleta” – è disfatta
— Marco Giovenale
Si diventa maturi e allora ognuno per i cazzi suoi, sembra essere questa la morale di uno degli ultimi articoli di Temporelli su Atelier.
La maturità separa, divide, frantuma la comunità.…
Nonostante comunemente si tenda a credere il contrario, l’inarrestabile lavorìo intorno al linguaggio poetico produce (e si riproduce in) un flusso di risultati artistici e critici sempre più importante, sia…
HEBENON
Semestrale internazionale di letteratura
(Aut. Trib. di Ivrea n.195 del 22/01/1998)
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FONDATORE E DIRETTORE
Roberto Bertoldo
COLLABORATORI…
Qual è lo “stato di salute” della poesia in Italia? E quello dei poeti?
Lo stato di salute della poesia non è certo buono, anche perché la letteratura è ovviamente legata…
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Sono seduto al bar matilda sulla graefestrasse con il mio portatile connesso e finora inoperoso (lo dico per creare un po’ l’effetto-cinema …). Aspetto di fare la…
Attraverso il libro di Steven Connor, La voce come medium, abbiamo imparato che il potere è una voce dissociata. Che l’uomo, prima ancora di parlare, è parlato. In che modo…
certo ostico è farsi convesso
arco e freccia acuminata
e al tempo stesso – o appena a ridosso
culla germinante
pozza immota
antro dove risuona il fragore
della vita, lo stupefacente suo vigore
ma cos’altro fare?
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un dolore…
Qual è lo stato di salute della poesia in Italia? E quello dei poeti?
Direi molto vitale(le voci che scrivono sono infatti moltissime) ma dal polso estremamente irregolare e in stato…
Qual è lo “stato di salute” della poesia in Italia? E quello dei poeti?
La salute della poesia italiana è buona, nonostante i poeti abbiano perso ogni potere fatico o forse…
Sono così buono, deve essere lo spirito del natale, quasi quasi la smetto con questa propaganda sulla scomparsa dell'autore e rivendico il diritto della firmetta sul librino.
Sono così buono e…
di Redazione
Qual è lo “stato di salute” della poesia in Italia? E quello dei poeti?
Lo stato di salute della poesia non è certo buono, anche perché la letteratura è ovviamente legata allo stato della lingua. Lo stato della lingua è lo specchio dell’epoca di regressione antropologica che stiamo vivendo: il linguaggio è progressivamente semplificato, involgarito dai mass media, sottoposto alle violenze ideologiche della “correttezza politica”…
Naturalmente è una condizione non solo italiana ma mondiale; probabilmente fra pochi anni vedremo un’umanità che si esprime a grugniti. Forse possiamo consolarci col proverbio: “mal comune mezzo gaudio!”
Quando hai pubblicato il tuo primo libro e come hai capito che era il momento giusto? Come hai scelto con chi pubblicare? Cosa ti aspettavi? Cosa ti ha entusiasmato e cosa ti ha deluso?
Quando ho pubblicato il primo libro conoscevo poco della poesia contemporanea; essendo laureato in Storia le mie letture erano prevalentemente di saggistica. Contattai alcuni piccoli editori per pubblicare una breve raccolta e uno di loro mostrò interesse per quella silloge. Naturalmente non mi aspettavo la celebrità, ma l’esperienza è stata molto gratificante perché quel primo lavoro, come del resto i successivi, è stato accolto con favore dal pubblico specializzato.
Se tu fossi un editore cosa manterresti e cosa cambieresti dell’editoria poetica italiana? Cosa si aspettano i poeti dagli editori?
Ogni editore fa le scelte editoriali che ritiene più opportune, anche se talvolta sarebbe meglio prestare maggiore attenzione alla qualità dei testi; sono piuttosto gli autori che spesso si aspettano troppo dagli editori.
La poesia di domani troverà sempre maggiore respiro nel web o starà in fondo all’ultimo scaffale delle grandi librerie dei centri commerciali? Qual è il maggior vantaggio di internet? E il peggior rischio?
Sicuramente internet sarà un mezzo privilegiato per la diffusione della poesia. Probabilmente si pubblicheranno meno libri di poesia, perché gli autori preferiranno far conoscere la loro opera sul web. Internet è uno strumento straordinario che permette una grande libertà di scelta: per chi ha qualcosa da dire è una bella possibilità. L’unico rischio che vedo per internet è che il potere politico-mediatico si inventi forme di censura…
Pensi che attorno alla poesia – e all’arte in genere – si possa costruire una comunità critica, una rete sempre più competente e attenta, in grado di giudicare di volta in volta il valore di un prodotto culturale? Quale dovrebbe essere il ruolo della critica e dei critici rispetto alla poesia ed alla comunità alla quale essa si rivolge?
In ogni tempo si formano comunità critiche, ma è ovvio che la valutazione di un’opera d’arte ha sempre bisogno di un’assimilazione prolungata nel tempo. Così è stata la storia di tutte le arti, anche perché l’interpretazione cambia continuamente a seconda dei valori di riferimento e delle varie congiunture. Compito dei critici è quindi di stimolare il confronto e il dibattito sulle opere.
Il canone è un limite di cui bisognerebbe fare a meno o uno strumento indispensabile? Pensi che nell’attraversamento della tradizione debba prevalere il rispetto delle regole o il loro provocatorio scardinamento?
Il canone è sempre importante, ogni epoca costruisce i suoi canoni che possono essere di volta in volta seguiti o scardinati. Ogni artista ha la sua sensibilità e i suoi modi espressivi, perciò si possono scrivere capolavori seguendo il canone o sovvertendolo. Tuttavia la presenza di un canone è un termine di riferimento di cui non si può fare a meno.
In un paese come il nostro che ruolo dovrebbe avere un Ministro della Cultura? Quali sono, a tuo avviso, i modi che andrebbero adottati per promuovere la buona Letteratura e, in particolare, la buona poesia?
In generale è sempre meglio che la politica non si interessi di cultura, tanto più in un settore così personale e soggettivo come l’espressione letteraria. Comunque se proprio la politica volesse fare qualcosa per la letteratura farebbe meglio a riqualificare la scuola. Solo una scuola più selettiva può creare le condizioni per la maturazione di un pubblico.
Quali sono i fattori che più influiscono – positivamente e negativamente – sull’educazione poetica di una nazione? Dove credi che vi sia più bisogno di agire per una maggiore e migliore diffusione della cultura poetica? Chi dovrebbe farlo e come?
Credo che la peggior sciagura per la poesia sia la riduzione della comunicazione orale: basti pensare al patrimonio di fiabe, di leggende, di filastrocche che nei secoli passati si tramandavano di generazione in generazione. Anche in tempi non troppo lontani c’era ancora una certa abitudine al discorso in pubblico, ad esempio nella politica, ma questi spazi si vanno sempre più restringendo e anche il linguaggio letterario risente di questo impoverimento. Come accennavo sopra, la scuola dovrebbe avere il compito di stimolare l’interesse per la letteratura, ma mi rendo conto che la concorrenza della televisione è pressoché imbattibile.
Il poeta è un cittadino o un apolide? Quali responsabilità ha verso il suo pubblico? Quali comportamenti potrebbero essere importanti?
Ognuno ha il suo stile di vita, si può parlare al pubblico con una vita di studi austeri e rigorosi, come ha fatto Leopardi, o con iniziative roboanti, come nel caso di D’Annunzio. Per quanto riguarda le responsabilità , direi che sono piuttosto dei lettori che degli autori: si può leggere la Bibbia per amare il prossimo o per fare la guerra santa…
Credi più nel valore dell’ispirazione o nella disciplina? Come aspetti che si accenda una scintilla e come la tieni accesa?
La mia scrittura è molto attenta alla tecnica; non mi convincono le scritture “selvagge”. L’ispirazione può nascere in qualsiasi momento: sono le occasioni della vita che accendono la scintilla.
Scrivi per comunicare un’emozione o un’idea? La poesia ha un messaggio, qualcosa da chiedere o qualcosa da dire?
La scrittura poetica nasce per comunicare emozioni, per comunicare idee c’è la filosofia. Credo che la poesia abbia più da chiedere che da dire: il lettore dovrebbe sentirsi interrogato da un testo poetico.
Cosa pensano della poesia le persone che ami?
Che è una perdita di tempo!
Sei costretto a dividere il tempo che più volentieri dedicheresti alla poesia con un lavoro che con la poesia ha davvero poco a che fare? Trovi una contraddizione in chi ha la fortuna di scrivere per mestiere? Come vivi la tua condizione?
Non sono uno scrittore di professione, e forse è meglio così: troppi di loro sono servi sciocchi di un sistema di potere. Oggi però c’è una consistente fascia di giovani di qualità che possono fare un percorso culturale di buon livello, ma che purtroppo sono tagliati fuori dalle professioni intellettuali. Se questi giovani acquisiscono coscienza delle loro potenzialità, la loro opera può avere una portata rivoluzionaria per la cultura dei tempi a venire…
Quanto alla mia condizione la vivo male, ma non intendo la condizione di scrittore, bensì più in generale la condizione esistenziale.
Cosa speri per il tuo futuro? E per quello della poesia? Cosa manca e cosa serve alla poesia ed ai poeti oggi?
Per il mio futuro non spero un bel niente e per quello della poesia c’è poco da sperare. Non resta che aspettare l’apocalisse e vedere se potrà esserci qualcosa dopo. Ai poeti oggi servirebbe la consapevolezza di vivere nel tempo della “notte intellettuale” per dirla con René Guénon!
Michele Fabbri è nato a Forlì nel 1967. Ha pubblicato tre libri di poesia: Trobar clus (Fermenti Editrice 1999), Arcadia (Società Editrice Il Ponte Vecchio 2001), Apocalisse 23 (Società Editrice Il Ponte Vecchio 2003). Dopo la pubblicazione di Apocalisse 23 si sono perse le tracce dell’autore. Alcuni pensano che da allora Michele Fabbri abbia continuato a scrivere sotto falso nome…
http://michelefabbri.wordpress.com/
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