La poesia di Massimo non è stata sempre «oscura». Non del tutto. In futuro non lo sarà più. Massimo ha scritto testi di teatro leggibili, prose compromesse con il mondo, poesie per la voce, ecc. La questione è diversa: chi è Massimo per essere «oscuro»? La sua oscurità è nulla, rispetto a Villa e Perrotta e Oberto; ma qui si percepiva (e non si decifrava) un senso molto presente all’interno di un cursus musicale, fatto per la voce alta. E si percepiva che non era sperimentazione a freddo, ma una rabbia asociale, incanalata in forme pulite. Era [è] una sperimentazione lontanissima dalla sperimentazione: veniva [viene] da una bocca che chiede solo «baci lunghi», come Tondelli: quindi che cosa è? Biografia? Musica? La parodia antisperimentale della sperimentazione? Naturalmente non era poesia performativa: per principio preso [da altri]. Era un laboratorio di cavie, vive e morte. Forse. Un posto forsennato, che cerca i baci lunghi.
Ho cercato un habitat. E poi ho iniziato a modificare il corpo sottilissimo del monaco, la voce esile e sospirosa – non ancora bocca di rosa – di chi era considerato «una donna», perché è gentile. L’italiano gentile è chiamato donna. Allora ho cominciato a dare forza al corpo e forza alla voce. Fine della croce privata.
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Il «corpo a corpo» continua, ogni giorno e ogni ora. Si tratta della resistenza ad una lingua – questa –, che corrisponde ad uno Stato – questo – e ad un popolo – questo – che uccide e si uccide, tra alcool e scommesse e infatuazioni politiche, e non lo sa.
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Ho riscritto tutto. Si è detto che ho avuto coraggio, come se avessi fatto una guerra [è triste: ora è coraggio l'antico liber limae. Come se l'orsa fosse coraggiosa – e non solo madre – quando rende figuratus il cucciolo informis, leccandolo: Plin., Nat. Hist., VIII 126; Virgilio virginale si paragona all'orsa: Gell., Noct., XVII 10, 3]. Ho solo tolto la mia poesia alla sua storia recente e ai suoi critici. Nessun coraggio.
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Ho sentito che le definizioni erano soffocanti: la cella del monaco (io) e l’idea del trobar clus (mio). Ad esempio: il monaco chiuso non è giustificabile come attore, eppure lo è. O non è monaco o la definizione è povera [infatti la definizione era povera].
Ho sentito che la dispersione dei testi era l’allegoria della dissoluzione post mortem. Dopo l’evento, scomparendo (cosa possibile), sarebbe scomparso tutto (cosa orribile). Così la mia ombra avrebbe urlato come la Minerva Jones di Spoon River: «Will some one go to the village newspaper, / And gather into a book the verses I wrote?».
Per sopravvivere, per dissociarmi e per lasciare una traccia univoca – ho riscritto e raccolto i verses I wrote; e il secondo volume accentuerà la riscrittura, con più violenza.
Voglio tradurre l’italiano in italiano.
Vorrei liberare i testi dal nodo umano che li ha trasformati in fioretti di santità laica e in esempi di morte in vita. Non c’è nessun altro che possa farlo; e i testi sono qui perché ce li ho messi io: il compito di sistemarli per la seconda volta è solo mio. Il senso della «profonda riscrittura» si dice in tre parole: la prima è VOLEVO (oppure: VOGLIO), la seconda è ESSERE, la terza è FELICE (in un senso non banale, che significa solo: non uscire da un centro trovato, da una condizione piaciuta, anche se è instabile).
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Il corpo non ha messo alla prova lo spirito. I due sono compagni fino all’ultimo giorno, e hanno sofferto senza separarsi. Questa città sa di questo sregolamento e di certe urla.
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Il primo nemico di un artista è la tentazione del suicidio. Bisogna essere forti per non cedere; e bisogna avere vincoli forti per non abbandonarsi. Saper valutare le parole è un sostegno, e in questo la mistica può dare aiuto. Ma ci sono situazioni in cui solo la spada di Cyrano – non dico per dire – serve a qualcosa. Oppure il RITO, ben fatto, la VITA bene spesa.
massimo
July 6, 2011
la foto è di FEDERICO VENDER.
il LIBER LIMAE sarebbe il LABOR LIMAE, è ovvio, *eppure* – il grandioso *eppure* nel *nagual* di Castaneda [tutto va male, *eppure*...non dividere il Sì dal No] – “libro della lima” ha un suo senso, e lo lascio. genitivo oggettivo & soggettivo: buono così!
massimo
July 6, 2011
non si pensa *come*. sagittario, non pensare mai COME!
si pensa e basta. si pensa e pesa e si bilancia e slancia ed “egli danza”!
natàlia castaldi
July 6, 2011
testi che voglio leggere di più e ancora, testi che fanno un’eco che frastorna. grazie.
Domenico
July 7, 2011
Il pericolo è quello della follia profetica…È il Diavolo che dice: disprezza la ragione e la scienza, eccelsi poteri dell’uomo. Da Sagittario a sagittario.
fm
July 7, 2011
Ci sono sempre, Massimo – soprattutto quando non commento. E in quel silenzio “sai” di trovare il mio abbraccio, il mio affetto, la mia profonda stima per l’uomo e il poeta.
fm
massimo
July 10, 2011
anch’io ci sono, e nelle stesse condizioni, e nelle stesse oscillazioni, da un teatro tenda alla tenda…
“sans goût parce qu’elle n’a eu de rien une expérience heureuse”. non sono un debordiano di ferro e Debord non è una [mia] religione. ma intorno al 16. minuto di In girum imus nocte si dice questo del pubblico, che è massa: senza gusto perché non ha avuto un’esperienza felice di nulla.
felice. e che vuol dire? quello che vuol dire “puro di cuore”, quello che vuol dire “beati i puri di cuore”. manca un’esperienza felice, cioè – ormai – un’esperienza. e la poesia vive e sragiona di questo farsi esperienza *felice*.
un giovane [poeta] parla ad un giovane [poeta] e incontrerà altri giovani [poeti], e siamo tutti amici, un libro o venti è lo stesso, e portiamo il costume e andiamo a fare un tuffo, è una bella occasione per vedersi. bene. cosa non fatta capo non ha – e si vede. e poi esiste un bene taciturno, un bene-bene – certe volte una ferita aperta, una mancanza che non puoi colmare (ma questa non è più l’amicizia, è l’amour – felice, nonostante tutto: “come sei intenso!”. e sì, come sei intenso – e viene notato perché l’intensità è merce rara).
ma non è eroismo, ci mancherebbe altro. l’intensità è dipendere da una pelle e dalle ossa della sua schiena – nuda – quando l’accarezzi. è perfettamente sacra, e lo dici. e la ami, la schiena. e anche il resto, sopra e sotto. e senti molte volte: “come sei intenso!”. e un’altra volta: “che cosa è la passione?”
giuro che sono parole vere, tra adulti. e giuro che non ho mai risposto niente.