Il poeta è un raccoglitore di perdite e assenze, di separazioni e addii. — Gabriella Sica

Quasi un’anatomia

di Massimo Sannelli

Déculottez vos phrases
pour être à la hauteur des Sans-culottes
(Frase del Maggio francese)

1.

Nel 2010 ho interpretato il Monaco di Alessandro Seri, Città fantastica di Nino Cannatà, Proprio dove mi trovo io di Alessandra Chiodi, il servo muto nella mia Saffo (blesa): nel primo dramma ero il monaco Gerolamo, nel secondo ero Lorenzo Calogero, nel terzo ero Martius, un dittatore ambiguo, innamoratissimo e ridicolo nei suoi urletti; nel quarto, il servo era il giocattolo vivo di Saffo: toy boy, il bersaglio dei lanci, uno a cui dire «lavami i piedi», una schiena su cui sedersi.
Dopo un anno, ora mi vedo più liberamente – posso dire: mi svelo –, anche perché non interpreterò di nuovo Gerolamo, Lorenzo, Martius [quanto al servo di Saffo, le performances future saranno più orali che fisiche: riprendo in me, su di me, i ruoli di Saffo e del servo, come lettore, stabile e nervoso; lo spettacolo, se ci sarà, dovrà vivere in modi diversi]. Come attore, ho sempre pensato di non essere un attore: forse più un sensitivo [di che cosa?], o semplicemente un sensibile [a che cosa?], ma non un attore vero. Di che cosa, a che cosa?
C’era un nesso, bello solido, e ora lo trovo inquietante: lo smarrimento dalla Grazia al Peccato peggiore (fornicazione, stupro, omicidio, suicidio), dall’equilibrio alla malattia (il medico Calogero diventa l’ospite di Villa Nuccia), la sregolatezza assoluta per amore, l’assolutismo per amore (anche fisico: come è fisico e accecante per il Monaco e per Martius); e in generale la mancanza di salvezza, e quindi il rischio della disperazione, la cosa imperdonabile. Non mi sono negato nessuna cosa. E quello che Seri fa dire e fare al Monaco è quasi esattamente un pezzo della mia vita: dunque karma e psicodramma, in nome di un’intensità passionale per cui il corpo non si getta solo nella lotta, ma si getta proprio, tende alla morte, si degrada. E l’aggressività – thánatos – non trova sfogo, o si trattiene o dilaga malissimo (omicidio e suicidio), mentre l’éros arriva a coincidere con la vita, parassitandola come un tumore. E la vocazione, cioè il tutto?
La vocazione passa in secondo piano: sia per il Monaco immaginario sia per il monaco-scrittore; sì, Lorenzo rimane poeta ed eccelle, completamente solo, a condizione di rinunciare alla medicina, alla società, al matrimonio, all’amore e al mondo. Martius è disperatamente pazzo della sua schiava: non sa di essere uno schiavo, che deve baciare Sveva ad ore fisse.
Così ho osservato in me questo contrappasso: l’anno 2010 ha conosciuto uno sregolamento poco rimbaudiano e molto insano. Ero intero e conscio, ma con poca speranza: quindi ero pieghevole perché ero debole, e la maestà della parola ha fatto il resto.

 

2.

È molto bello dissociarsi, dopo essersi associati.
È molto bello onorare il potere delle parole: altrimenti l’alchimie du verbe è solo il povero delirio del povero adolescente Rimbaud; e mi è impossibile leggerlo senza considerarlo profondamente vero, addirittura dogmatico.
È vero, e funzionante, solo ciò che si considera profondamente vero: l’uomo greco ha visto e sentito sirene, Dickinson non scherza su paganesimo e stregoneria, i prodigi segnalati dai Romani sono esistiti perché sono stati percepiti [la percezione crea l’esistenza, nella mente: la fede crea tutto], i Dialoghi con l’angelo di Gitta Mallasz sono stati veramente vissuti. Noi, anche se siamo scrittori, dimentichiamo troppo spesso l’autorità indipendente delle parole: le consideriamo semplici ferri del mestiere, e invece sono simboli e armi, o in sé o per la fede che le riveste [di cui noi le rivestiamo, in realtà].
Ho corso il rischio di entrare troppo nel sistema del Monaco, e forse ho perso. Ho conosciuto una scrittura felice, iacoponica e densa [la raffinatezza in chi ha un genius loci solido e materiale è imbelle e falsa: Alessandro Seri ha mostrato davvero le sue fattezze, più che in tutte le sue poesie]. E ho mostrato la mia faccia, ho dato la mia voce a parole troppo solenni e terribili per non avere degli effetti, se la mente ha fede nella parola: «Io sono il verbo, unto dal Signore fino al tallone della conoscenza»; e sull’altro versante, quello oscuro: «All’inferno non avrò occhi che per te», «L’opera è compiuta tutta intera, la mia salita al trono, la morte che trionfa, scomunica, mistifica…» [cito a memoria, dal repertorio della mente].
Il dramma si spiegherà da sé, di esecuzione in esecuzione. Ora non mi dispiacerebbe interpretarlo ancora una volta, per provare a reggere il rito, a deviarne gli effetti personali: dovrei, e potrei, essere Gerolamo senza la vergogna della vita e della vocazione; cioè senza la voglia di scomparire. Non so se sarà possibile. Quanto al dramma, è elementare – in senso positivo – e come un dramma liturgico: in fondo è teatro di parola e non ha bisogno di una grandissima esegesi. È sufficiente interpretarlo con la tensione giusta, purché il protagonista non sia debole: altrimenti il testo lo supererà. Qui, perché l’esperienza è il primo laboratorio, ho allineato delle considerazioni, tra le più istintive del mio diario: su questo schermo sono nate poche cose meno accettabili, lo so.

 

Post correlati:

2 Responses to “Quasi un’anatomia”

  1. massimo says:

    devo aggiungere che la foto è di Federica Papa – e la ringrazio.

    ecco un altro pezzo dello scorticamento o del laboratorio: oggetto è il corpo. la fede nella parola, nel bene e nel male – e GLI EFFETTI DELLA PAROLA – è l’argomento, sempre.

  2. Rina Accardo says:

    Mi inchino alla potenza di un coinvolgimento che Massimo, anche solo qui, ha saputo rendere …il testo di Alessandro emerge prepotentemente per il complesso contenuto, con risvolti psicologici non indifferenti. Un dramma di grande impatto reso sapientemente da una parola tonante, la vera protagonista.
    Intensità ad ogni livello, dunque.
    Grazie

    Amo il teatro, amo la parola, l’autore e il protagonista qui si rivelano geniali …o come ho fatto a perdermi quest’opera?! Alla prossima rappresentazione mi auguro di esserci.

Leave a Reply

  • RSSRSS
  • TwitterTwitter
  • FacebookFacebook
  • YouTubeYouTube
  • Social Slider
  • RSS
  • Twitter
  • Facebook
  • YouTube