Pop Art Pops
Rimossa la piastra poetica,
smontate le officine del secolo,
spostata sul ventre la guardia,
cos’altro resta da dire?
Rimetto tra le cose la parola,
metto a bagno i versi
e premo sull’uscio del giorno,
perché sia giorno benedire.
Rivolgimi un nuovo saluto,
soltanto la vita è scampata,
adesso che Soup non è che soup,
per una pietà umana
nient’altro che parola,
senza più umanità.
Amnesie Amniotiche, Pasquale Vitagliano, LietoColle, 2009
‘Pop Art Pops’ di Pasquale Vitagliano arriva come una lucida elegia di chi partendo dal proprio vissuto sa farsi testimone di cambiamenti epocali. Sono versi rappresentativi di una poetica che richiama per “passione” Pasolini, della cui opera Pasquale è tra gli studiosi più attenti. Il riferimento a Soup di Andy Warhol si fa emblematico di un prima e di un dopo; in quanto opera di un artista visto come spartiacque tra una concezione elitaria dell’arte e un’arte invece accessibile a tutti e che, nello specifico dell’esperienza dell’autore, rappresenta la fine di uno degli ultimi miti. Soup è ormai “zuppa”, ovvero l’accezione nagativa del postmoderno, di accozzaglia senza contenuto, che qui, e in tutta la raccolta, ritrova invece una sua incisività proprio grazie ai tanti riferimenti intertestuali e al recupero della cultura popolare . Pensiamo a Pasolini che assurge Marilyn Monroe a “sorella” e ne propone la vita come exemplum della barbarie di tempi in cui la bellezza è diventata oggetto di consumo. Quella stessa Marilyn immortalata da Warhol di cui, come per i barattoli Campbell, rimane il vuoto contenitore per una pietà umana / nient’altro che parola, / senza più umanità.
Abele Longo
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