Vicolo Cieco n.9: Così vicino, così lontano.


‘Io tengo particolarmente all’idea che la mia pittura non esprima niente’

R. Magritte


Succede tutto da troppo vicino, da questa bufala terribile del ‘qui e ora’, e allora questo quotidiano diventa palloso, dismesso e logorante. L’incapacità di prendere distanza dal presente ha prodotto risultati devastanti e lì risiede la natura di ogni autoreferenza, quella che annota in sé lo stesso peccato di ogni monoteismo: ‘che il mio presente sia più degno del tuo’.

La distanza è creativa perché impegna l’immaginazione senza la quale non si darebbe poesia ma solo cronaca dell’attuale. La poesia è ammalata dei suoi eventi, dei suoi micro accadimenti, perché le parole hanno perso la fascinazione di descriverci diversi e allora, così presi a raccontarci, abbiamo smarrito il lontano, l’unica figurazione che sia contemporaneamente casa e luogo del ritorno, viaggio e cammino.

Ci siamo saturati di descrizioni e di testimonianze che altro non sono se non la negoziazione tra il passato e il presente, che altro non fanno se non produrre un immaginario a brandelli, capace di creare solo surrogati di futuro. La deriva del presente, soprattutto poetico, paga l’affanno del ‘senso subito’, quasi si dovesse riscattare dell’incomprensibilità di cui è stata fatta oggetto. E allora in questa semantica iper affollata non succede assolutamente niente, e noi ci costringiamo a leggere sempre la stessa storiella per l’incapacità di pensare il nuovo.

Dobbiamo tornare ad essere irraggiungibili, non per abitare la nostra torre di avorio, ma per permettere alla nostra immaginazione di correre più in lá. Irraggiungibili al futuro vuol dire smettere di parlare delle nostre biografie per andare a stanare la parola nell’attimo del suo cominciamento dove il significato non è ancora compiuto. O siamo poeticamente capaci di uno sguardo più lungo, di tornare a misurarci con la difficoltà, o rischiamo una stagnazione di parole inaridite, di luoghi simulati forse buoni per un’effimera scrittura virtuale ma incapaci di farsi letteratura.

Alessandro Assiri
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