Mariangela Gualtieri: ‘Bestia di gioia’


Bestia Di gioia

Mariangela Gualtieri

2010, 137 p., brossura

Einaudi (collana Collezione di poesia)


di Viola Amarelli

Bestia di gioia” (Einaudi, 2010), ultima raccolta di Mariangela Gualtieri, delinea con una scrittura limpida e appassionata insieme una ricerca  giocata  – nel senso più alto del termine – non sulle ma con le parole. E’ tra il suono e la sua origine,  il silenzio –  lemma non a caso ricorrente come un fil rouge nel libro unitamente a “forza” e “potenza” –  che s’inserisce  il vettore mistico,  vero protagonista dei testi ( la trama misteriosa/che per certa sappiamo od, anche, ciò che viene splendido in dono).  Si tratta tuttavia di una mistica saldamente radicata nel concreto, tra il nato fra le zampe e  tutte le ragnatele, e che proprio per questo riesce a intrecciare senza soluzione di continuità un andirivieni stupito ma consapevole  fra terra e cielo,  in una natura talmente immanente  da diventare chiave, e non solo simbolo, per l’oltre, per l’Essere ogni cosa. La stessa dimensione verticale di numerosi testi affollati di stelle e cieli e fuoco e nuvole e vento fluisce con l’acacia chiama l’ape che ricama/…/Nasce un cantare d’uccello/sconosciuto, un viavai d’alveare.
Su questo versante che si accosta, pur nella diversità di  poetiche,  a “L’Iddio ridente” di Luigi Di Ruscio, non c’è alcun quietismo, anzi. La natura, spesso definita magmatica, della scrittura della Gualtieri registra sismograficamente le luci e le ombre, le alternanze e gli scarti, le inevitabili “catabasi” che si rinvengono nella stessa struttura del libro, scandito in cinque sezioni: “come i cinque atti del teatro antico” recita la quarta di copertina, a richiamare l’impegno e la vocazione teatrale dell’autrice. Di fatto, le sezioni sembrano costituire le tappe di un percorso di scrittura esperenziale e, proprio per questo, mai lineare,  conoscendo le faglie dell’oscuro (le sponde degli insonni; c’è buio per lei), e del dolore (gli arti percossi(le rosse gengive…/non vorrei mai farmi male) richiamate anche da alcuni eserghi di Amelia Rosselli, poeta non a caso molto amata dalla Gualtieri.
In tutte le sezioni predomina comunque l’energia della *parola*, talvolta espressionista, quasi una  forza pilota della scrittura. Se, seguendo Agamben  (da ultimo in “Categorie italiane”, Laterza, 2010) la “lingua della poesia (è)….un campo di forze  percorso dalle due tensioni contrastanti dell’inno, il cui contenuto è la celebrazione, e dell’elegia, il cui contenuto è il lamento” è  indubbio che “Bestia di gioia” si inscrive  grande lucidità  nel “primo tensore” che “frange il linguaggio nel grido di giubilo”, tensore decisamente minoritario nella poesia contemporanea, tuttora dominata da tonalità elegiache.
Il ricorso alle *ripetizioni* (si veda per esempio: per tutte le costole..per ogni animale.. per tutte le seti ) e al  *parallelismo * (era tutta scoscesa/nella grazia. Sassosa dentro/ vinta da tutto. Nel duro/) – tipici strumenti della salmodia – accentua la valenza da laude dei testi, specie nelle prime due sezioni, ma non mancano i toni icastici(Otto notti dentro l’aurora. Arrocco della speranza) o l’improvviso affollarsi di metafore (e si veda esposto tutto il clero alle divine faccende/ si spericolava) sempre peraltro ricondotti in una prosodia di stampo insolitamente classico, a tentare un riuscito equilibrio tra il suono e il silenzio, tra il sé cosmico (quel niente che accade) e l’ego maschera autoriale   (un mio me/ soffre. Chi è?Chi scalcia sul fondo/ di questo quieto piroscafo). Ne deriva un affresco di forte impatto e di coese variazioni: lo stesso testo finale nell’ultima sezione, intitolata “mio vero” e incentrata sulla forza amorosa, sembra porsi come un quadro teatrale da prologo, riaprendo il cerchio del libro (e della vita, come recita un’altra delle poesie: —C’è solo vita/ niente altro. Solo vita), un gran bel libro perché,  per dirla con Raimon Panikkar, da poco scomparso: “Se la parola non dice solo ciò che prima è pensato, se non va solo a rimorchio del pensiero, ma dice ciò che l’Essere è e dicendolo lo manifesta, allora poniamo le basi realmente al regno della libertà” (da  “Lo spirito della parola”, Bollati Boringhieri, 2007).

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