Umberto Fiori: “La poesia è un fischio”

La poesia è un fischio

Umberto Fiori

2007, 182 p., brossura

Marcos y Marcos (collana I saggi di testo a fronte)

 

Da Leopardi a Saba cercando la poesia onesta

Con grande lucidità e capacità autoanalitica, è lo stesso autore a definire, in una premessa al volume, il senso di questa sua raccolta di saggi. Umberto Fiori – cantautore, narratore, poeta e studioso di letteratura – spiega come gli interventi del libro non siano dei semplici saggi, ma piuttosto, considerati nel loro insieme, una sorta di scandaglio nella “poetica” di chi li ha scritti. Il termine “poetica” si applica bene al versante creativo di una produzione importante come quella di Fiori, ma anche al lavoro del critico quando non voglia limitarsi a essere “professore”. In questa raccolta di saggi critico-letterari – peraltro di argomenti più vari: da Kafka a Saba, da Sbarbaro a Coleridge, da Dante a Leopardi – si scorge, a percorrere i vari capitoli, una corrente di energia che fa di questi brani quasi un diario in pubblico, il diario intimo, ma volutamente condiviso, di uno che ama leggere e scrivere. Ed è proprio dall’esperienza della scrittura che, con tutta evidenza, sono scaturite alcune delle intuizioni più interessanti di Fiori. Il quale ha strutturato questo suo percorso letterario in tre momenti, che corrispondono ad altre sezioni, capaci di segnalare alcuni nodi cruciali dell’esperienza letteraria: il rapporto tra etica e poetica; la tensione tra oscurità e chiarezza, suono e voce; l’opera in rapporto allo scorrere del tempo.

Quanto al primo punto, è centrale la riflessione intorno alla nozione di “poesia onesta”, resa celebre da Umberto Saba. Un terreno che l’autore sgombra da interpretazioni facili e corrive. Nella seconda sezione vogliamo segnalare un altro importante intervento: quello sulla nozione di “musicalità” in poesia. Infine, tra i saggi della terza parte, ce n’è uno, quello sul Parini di Giacomo Leopardi (l’”operetta morale” sul tema della gloria), in cui viene mostrata tutta l’attualità delle intuizioni del poeta di Recanati. C’è, nell’approccio di Umberto Fiori a questa multiforme materia, come un’allergia ai tecnicismi di certa teoria letteraria. Che evidentemente non viene ignorata o snobbata. Ma è come se l’autore, provvidenzialmente, avesse deciso di superarla. Cioè che era ora di parlare delle cose che contano nel fare letteratura in maniera semplice e diretta. Saba avrebbe detto “onesta”.

(di Roberto Carnero su L’Unità, maggio 2007)

 

 

 

Fiori, parole in versi contro lo spettacolo

Questo mondo è in fuorigioco. Ce lo dice il fischio della poesia. Ce lo dice Umberto Fiori in una raccolta di saggi appena pubblicata da Marcos y Marcos. Libro quieto, luminoso. Scritto senza finti accaloramenti, senza la pretesa di ispirare terremoti nella testa del lettore. Quello che conta è far sentire la filigrana dell’incanto verso il canto delle parole. Già nei suoi libri in versi, da Case del 1986 a La bella vista del 2002, emerge chiarissima un’idea forte della poesia: Un’idea che si conferma in questi lavori che dicono di un amore e di un rispetto per la poesia degli altri (un vero poeta è sempre un egocentrico che sa ascoltare). Si sente che chi scrive non milita per avanguardie o retro guardie, non segna limiti tra amici e nemici, non traccia mappa, classifiche. I singoli saggi non sono stati scritti come manutenzione per la propria carriera accademica. Non hanno ansie di assalire o compiacere. Sono riflessioni intorno alla materia che si usa, riflessioni naturali sulla lingua, come è naturale che un cacciatore parli di selvaggina. Fiori sa bene che sono tempi tremendi e che c’è poca gloria per la poesia, ma non si lascia paralizzare dai tanti demoralizzatori in circolazione.  Se per lui la poesia è un fischio, “un canto che sfugge tanto a chi gli dà voce quanto a chi l’ascolta”, si può comprendere che questo fischio finisce per essere troppo rilevante rispetto alla piattezza della comunicazione mediatica. La parola poetica, nella sua fisiologica capacità di permanere, è in contraddizione con la parola spumosa e posticcia della società dello spettacolo che sembra volerci dire e farci vedere tutto per non farci ricordare niente. Fiori sta da un’altra parte. Il suo libro ci fa capire che non è importante guardare tutto, ma guardare bene ciò che si è scelto di guardare. E lui guarda e interroga in maniera esemplare autori come Leopardi e Montale, Sbarbaro e Saba. Sarebbe bello se ai tanti insegnanti di lettere delle scuole superiori arrivasse tra le mani il suo libro.

(di Franco Arminio su Stilos, maggio 2007)

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