Lamento Della Sposa Barocca
di Redazione

t’avrei lavato i piedi
oppure mi sarei fatta altissima
come i soffitti scavalcati di cieli
come voce in voce si sconquassa
tornando folle ed organando a schiere
come si leva assalto e candore demente
alla colonna che porta la corolla e la maledizione
di Gabriele, che porta un canto ed un profilo
che cade, se scattano vele in mille luoghi
- sentile ruvide come cadono- ; anche solo
un Luglio, un insetto che infesta la sala,
solo un assetto, un raduno di teste
e di cosce (la manovra, si sa, della balera),
e la sorte di sapere che creatura
va a mollare che nuca che capelli
va a impigliare, la sorte di sorreggere,
perchè alla scadenza delle venti
due danze avrei adorato trenta
tre fuochi, perchè esiste una Veste
di Pace se su questi soffitti si segna
il decoro invidiato: poi che mossa un’impronta si smodi
ad otto tentacoli poi che ne escano le torture
Un Testo Semplice, Ma è La Semplicità Ch’è Difficile A Farsi.
Il testo presentato alla valutazione e alla consapevole riflessione dei lettori, ha per titolo“La sposa barocca”; dunque inizia col bianco, lo stesso bianco dell’amato.Melville.(Moby.Dick).
Occorrerebbe leggere cosa dicono di questo colore marinai del Pequod e verificare in un saggio di Vittore Pansini come si presenta il “bianco” nella letteratura.
Il bianco era ed è anche la veste dei “candidati” (es. battesimo, comunione) nonché delle vestali. Bianca è la pietra del gotico leccese. Bianco è il colore della fusione atomica .
Bianco-candido è l’esplosione delle supernove prima che diventino “buco nero” (qui, in funzione psichica e simbolica).
Questa “sposa” ,mai stata, si lamenta, agisce e struttura le proprie percezioni con accumulo di detriti e di significati. Franco Fortini affettuosamente rimproverò Claudia di questo flusso magmatico che poco respiro concede alla ragione, il che significa “violenza” dello stile.
Non lasciamoci ingannare dall’uso spezzato del ritmo. Claudia è poeta già consapevole dei suoi strumenti, che testa incessantemente. Ad esempio, il verso “Il decoro invidiato: poi che mossa un’impronta si smodi” va letto così: “ ìl decòr – invidiàto// pòi che smòssa un’imprònta si smòdi”, che è un dattilo (antico metro greco e latino, che veniva utilizzato soprattutto per il canto (e qui c’è il lamento della sposa) e la danza (quelle di cui si parla nel testo).
Molte sono le “omofonie” (parole che nascono da parole per identità o similarità di suono) e gli anagramma (parole che si nascondono in altre parole): elemento tipico dell’architettura barocca. Quanto al significato (il “che vuol dire”), al messaggio che viene lanciato e che si vuole percepire nella sua direzionalità “univoca”, ne diamo una trasposizione metaforico-letterale, pregando i lettori di osservare gli andamenti delle immagini e i movimenti della percezione: mi sarei fatta piccolissima, mi sarei umiliata (t’avrei lavato i piedi). Il gesto del lavare i piedi è sacro, religioso. Dunque è alto, non basso. Ed ecco che scatta l’immagine dell’altissimo. “Altissimo” perché la sposa barocca che qui si lamenta è, molto probabilmente, mancando indicazioni della poeta, la vergine Maria. L’ambiente in cui viene elevato il lamento è certamente una chiesa.
mi sarei fatta altissima come i soffitti dei cieli, che scavalco con semplicità; oppure altissima come una voce (il canto) che si sfascia e sconquassa in altra voce, quella umana; voce che va di voce in voce, e che, giunta al di là dei cieli, torna sulla terra ricca di significati che agli altri sembrano voci di follia, cioè di vuoto, come i cieli (appare qui il “folle volo” di Ulisse, secondo la metafora di Dante). Questa stessa voce divina, nel suo essere destinata all’umano, tenta di raggiungere di nuovo l’alto nell’alto dei cieli mediante lo strumento musicale dell’organo (c’è un’idea di coro, di quelli che si posizionano in fila, a schiere, intorno all’organo – qui di Bach o da canto gregoriano in profondo “re”).
mi sarei fatta altissima come un animale o un nemico che quando ci assalta ci sembra molto più alto di noi (tra l’altro, “assalto” implica un moto identico allo “scavalcare” i cieli), o alta come il candore bianco-demente (la purezza, impossibile per noi, folle) delle colonne che sorreggono le volte delle cattedrali, e cioè lo stesso “peso” del vuoto celeste.
Qui Claudia vede evidentemente colonne con capitelli corinzi (la “corolla”), colonne come fiori pietrificati. Lo svilupparsi in orizzontale e verticale dello spazio dell’immaginazione le suggerisce la visione delle colonne come elementi che sorreggono, nel loro stare “a schiere” (dunque come le voci del coro, dunque come le canne dell’organo) un canto di maledizione, quella dell’arcangelo Gabriele che accompagnò Adamo ed Eva fuori dal paradiso terrestre, dopo il peccato “originale-originario”, maledicendo l’uomo, secondo il racconto biblico. Gabriele qui è canto, puro profilo che cade, cioè scompare se, nel momento in cui appare,si genera un terribile vento (la scena è tipica delle presenze arcane: infatti attribuiamo al vento molti sensi spirituali e ancestrali).
Questo vento fa smuovere le vele (e si ricordi che le cattedrali spesso hanno volte fatte “a vela” e che la parte centrale si chiama “navata”) e che anch’esse, come il profilo e il canto di Gabriele, cadono “ruvide” (perché Claudia sente di toccarle, sono fisicamente presenti)…
Le vele come sudario del canto.
Con movimento contrario, si ritorna dall’altissimo al piccolissimo: sarei stata un mese estivo, un insetto che ronza con le sue ali (anche Gabriele, in quanto angelo, ha le ali) o uno star ferma immobile (le colonne, di nuovo, e l’organo), un radunarsi corale e coreutico (danzante) di teste e di cosce in una balera ( dal coro angelico si passa a quello corporale e fisico, dallo spazio della cattedrale a quello della balera: dal paradiso al solo terreno).
La sorte di sorreggere, di essere colonna, è la sorte di sapere impossibile il tornare al divino….. In una lettura mariologica, è il sapere di essere vergine e madre, figlia del proprio figlio.
Si noti che qui compare “impigliare” che è tipico del ragno, analogo all’octopus, il polipo, che chiude il testo. Va altresì annotato che le cattedrali hanno sulla facciata il “rosone”, cioè un cerchio, ma più spesso un ottagono (che è un simbolo molto ricco) che serve a filtrare e convogliare la luce verso il tabernacolo. Il ragno e il polipo hanno otto zampe o tentacoli. Si delinea pertanto il senso di “sposa barocca”: la luce.
La sorte di sorreggere il sapersi creatura, se anche prescelta dall’Altissimo, attira comunque la luce verso terra (e così appare: la luce “cade” a terra,ruvida come le vele) e si vorrebbe un destino terreno,si vorrebbe –e qui compare un elemento dionisiaco di “scissione” e transe-danzare (sempre il coro e la coreutica) o “adorare” trentatrè fuochi (chiediamoci perché proprio.33).
E in ciò si troverebbe pace alla tortura di essere una cosa sapendo di essere nati per un’altra cosa; di essere una specie di “sirena” (metà donna-metà uccello o pesce, secondo l’iconografia dei miti, che riguardano anche la tradizione di Maria). E infatti il soffitto della cattedrale, istoriato, appare come la veste del vuoto, una veste di pace,di assenza, un “decoro” (quello della sposa) invidiato. Qui “invidiato” va inteso come “in-videns”, riguarda proprio gli occhi, la visione e non ha un senso morale. Ricordiamo, altresì, che Maria è “Regina.Pacis”.
L’ultima,immagine, preceduta da alcune forme verbali, collegamenti intertestuali,.sembra difficile. Che significa, infatti, che in una cattedrale di pace si smuove un’impronta ad otto.tentacoli? Che c’entra un ragno o un polipo qui? E da dove devono uscire le.torture?
L’impronta è qualcosa che qualcuno lascia nel suo passaggio. L’impronta è del piede o delle mani. L’impronta è un indizio che serve al detective per individuare.un.possibile.“colpevole”.
Non solo: visivamente, occorre tener presente che nei rilievi delle cattedrali, specie del periodo gotico, appaiono moltissimi mostri (si veda, p.es. Notre Dame), che hanno una precisa funzione “dialettica” e conoscitiva, didascalica, oltre. che ornamentale Questa impronta qui, caro Watson, è precisamente l’impronta dei piedi che vengono lavati all’inizio del testo.
E a chi appartengono quei piedi? Chi si chinò per lavare i piedi ai propri discepoli?
Dunque, il “colpevole” è lui, che visse 33 anni? Colpevole di cosa, se fu giustiziato..innocente?
Ma colpevole, evidentemente, di dire la verità, come i folli; di togliere la maschera e nientemeno osare dire,- e proprio agli ebrei e ai romani che vivevano in funzione dell’ “onore”, dell’ apparenza, delle cose che si posseggono, dello status sociale- , che “gli ultimi saranno i primi. ”
Un pazzo scatenato. Come tutti i vigliacchi, quando uno ci dice la verità, che il re è nudo, facciamo gruppo, cercando conforto alle nostre superstizioni nel consenso del gruppo, lasciando solo sulla croce della derisione chi ci dimostra la nostra follia. madre, figlia del proprio figlio.
(di Mimmo Grasso su Le Isole si Accendono)
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Lamento Della Sposa Barocca
di Redazione
t’avrei lavato i piedi
oppure mi sarei fatta altissima
come i soffitti scavalcati di cieli
come voce in voce si sconquassa
tornando folle ed organando a schiere
come si leva assalto e candore demente
alla colonna che porta la corolla e la maledizione
di Gabriele, che porta un canto ed un profilo
che cade, se scattano vele in mille luoghi
- sentile ruvide come cadono- ; anche solo
un Luglio, un insetto che infesta la sala,
solo un assetto, un raduno di teste
e di cosce (la manovra, si sa, della balera),
e la sorte di sapere che creatura
va a mollare che nuca che capelli
va a impigliare, la sorte di sorreggere,
perchè alla scadenza delle venti
due danze avrei adorato trenta
tre fuochi, perchè esiste una Veste
di Pace se su questi soffitti si segna
il decoro invidiato: poi che mossa un’impronta si smodi
ad otto tentacoli poi che ne escano le torture
Un Testo Semplice, Ma è La Semplicità Ch’è Difficile A Farsi.
Il testo presentato alla valutazione e alla consapevole riflessione dei lettori, ha per titolo“La sposa barocca”; dunque inizia col bianco, lo stesso bianco dell’amato.Melville.(Moby.Dick).
Occorrerebbe leggere cosa dicono di questo colore marinai del Pequod e verificare in un saggio di Vittore Pansini come si presenta il “bianco” nella letteratura.
Il bianco era ed è anche la veste dei “candidati” (es. battesimo, comunione) nonché delle vestali. Bianca è la pietra del gotico leccese. Bianco è il colore della fusione atomica .
Bianco-candido è l’esplosione delle supernove prima che diventino “buco nero” (qui, in funzione psichica e simbolica).
Questa “sposa” ,mai stata, si lamenta, agisce e struttura le proprie percezioni con accumulo di detriti e di significati. Franco Fortini affettuosamente rimproverò Claudia di questo flusso magmatico che poco respiro concede alla ragione, il che significa “violenza” dello stile.
Non lasciamoci ingannare dall’uso spezzato del ritmo. Claudia è poeta già consapevole dei suoi strumenti, che testa incessantemente. Ad esempio, il verso “Il decoro invidiato: poi che mossa un’impronta si smodi” va letto così: “ ìl decòr – invidiàto// pòi che smòssa un’imprònta si smòdi”, che è un dattilo (antico metro greco e latino, che veniva utilizzato soprattutto per il canto (e qui c’è il lamento della sposa) e la danza (quelle di cui si parla nel testo).
Molte sono le “omofonie” (parole che nascono da parole per identità o similarità di suono) e gli anagramma (parole che si nascondono in altre parole): elemento tipico dell’architettura barocca. Quanto al significato (il “che vuol dire”), al messaggio che viene lanciato e che si vuole percepire nella sua direzionalità “univoca”, ne diamo una trasposizione metaforico-letterale, pregando i lettori di osservare gli andamenti delle immagini e i movimenti della percezione: mi sarei fatta piccolissima, mi sarei umiliata (t’avrei lavato i piedi). Il gesto del lavare i piedi è sacro, religioso. Dunque è alto, non basso. Ed ecco che scatta l’immagine dell’altissimo. “Altissimo” perché la sposa barocca che qui si lamenta è, molto probabilmente, mancando indicazioni della poeta, la vergine Maria. L’ambiente in cui viene elevato il lamento è certamente una chiesa.
mi sarei fatta altissima come i soffitti dei cieli, che scavalco con semplicità; oppure altissima come una voce (il canto) che si sfascia e sconquassa in altra voce, quella umana; voce che va di voce in voce, e che, giunta al di là dei cieli, torna sulla terra ricca di significati che agli altri sembrano voci di follia, cioè di vuoto, come i cieli (appare qui il “folle volo” di Ulisse, secondo la metafora di Dante). Questa stessa voce divina, nel suo essere destinata all’umano, tenta di raggiungere di nuovo l’alto nell’alto dei cieli mediante lo strumento musicale dell’organo (c’è un’idea di coro, di quelli che si posizionano in fila, a schiere, intorno all’organo – qui di Bach o da canto gregoriano in profondo “re”).
mi sarei fatta altissima come un animale o un nemico che quando ci assalta ci sembra molto più alto di noi (tra l’altro, “assalto” implica un moto identico allo “scavalcare” i cieli), o alta come il candore bianco-demente (la purezza, impossibile per noi, folle) delle colonne che sorreggono le volte delle cattedrali, e cioè lo stesso “peso” del vuoto celeste.
Qui Claudia vede evidentemente colonne con capitelli corinzi (la “corolla”), colonne come fiori pietrificati. Lo svilupparsi in orizzontale e verticale dello spazio dell’immaginazione le suggerisce la visione delle colonne come elementi che sorreggono, nel loro stare “a schiere” (dunque come le voci del coro, dunque come le canne dell’organo) un canto di maledizione, quella dell’arcangelo Gabriele che accompagnò Adamo ed Eva fuori dal paradiso terrestre, dopo il peccato “originale-originario”, maledicendo l’uomo, secondo il racconto biblico. Gabriele qui è canto, puro profilo che cade, cioè scompare se, nel momento in cui appare,si genera un terribile vento (la scena è tipica delle presenze arcane: infatti attribuiamo al vento molti sensi spirituali e ancestrali).
Questo vento fa smuovere le vele (e si ricordi che le cattedrali spesso hanno volte fatte “a vela” e che la parte centrale si chiama “navata”) e che anch’esse, come il profilo e il canto di Gabriele, cadono “ruvide” (perché Claudia sente di toccarle, sono fisicamente presenti)…
Le vele come sudario del canto.
Con movimento contrario, si ritorna dall’altissimo al piccolissimo: sarei stata un mese estivo, un insetto che ronza con le sue ali (anche Gabriele, in quanto angelo, ha le ali) o uno star ferma immobile (le colonne, di nuovo, e l’organo), un radunarsi corale e coreutico (danzante) di teste e di cosce in una balera ( dal coro angelico si passa a quello corporale e fisico, dallo spazio della cattedrale a quello della balera: dal paradiso al solo terreno).
La sorte di sorreggere, di essere colonna, è la sorte di sapere impossibile il tornare al divino….. In una lettura mariologica, è il sapere di essere vergine e madre, figlia del proprio figlio.
Si noti che qui compare “impigliare” che è tipico del ragno, analogo all’octopus, il polipo, che chiude il testo. Va altresì annotato che le cattedrali hanno sulla facciata il “rosone”, cioè un cerchio, ma più spesso un ottagono (che è un simbolo molto ricco) che serve a filtrare e convogliare la luce verso il tabernacolo. Il ragno e il polipo hanno otto zampe o tentacoli. Si delinea pertanto il senso di “sposa barocca”: la luce.
La sorte di sorreggere il sapersi creatura, se anche prescelta dall’Altissimo, attira comunque la luce verso terra (e così appare: la luce “cade” a terra,ruvida come le vele) e si vorrebbe un destino terreno,si vorrebbe –e qui compare un elemento dionisiaco di “scissione” e transe-danzare (sempre il coro e la coreutica) o “adorare” trentatrè fuochi (chiediamoci perché proprio.33).
E in ciò si troverebbe pace alla tortura di essere una cosa sapendo di essere nati per un’altra cosa; di essere una specie di “sirena” (metà donna-metà uccello o pesce, secondo l’iconografia dei miti, che riguardano anche la tradizione di Maria). E infatti il soffitto della cattedrale, istoriato, appare come la veste del vuoto, una veste di pace,di assenza, un “decoro” (quello della sposa) invidiato. Qui “invidiato” va inteso come “in-videns”, riguarda proprio gli occhi, la visione e non ha un senso morale. Ricordiamo, altresì, che Maria è “Regina.Pacis”.
L’ultima,immagine, preceduta da alcune forme verbali, collegamenti intertestuali,.sembra difficile. Che significa, infatti, che in una cattedrale di pace si smuove un’impronta ad otto.tentacoli? Che c’entra un ragno o un polipo qui? E da dove devono uscire le.torture?
L’impronta è qualcosa che qualcuno lascia nel suo passaggio. L’impronta è del piede o delle mani. L’impronta è un indizio che serve al detective per individuare.un.possibile.“colpevole”.
Non solo: visivamente, occorre tener presente che nei rilievi delle cattedrali, specie del periodo gotico, appaiono moltissimi mostri (si veda, p.es. Notre Dame), che hanno una precisa funzione “dialettica” e conoscitiva, didascalica, oltre. che ornamentale Questa impronta qui, caro Watson, è precisamente l’impronta dei piedi che vengono lavati all’inizio del testo.
E a chi appartengono quei piedi? Chi si chinò per lavare i piedi ai propri discepoli?
Dunque, il “colpevole” è lui, che visse 33 anni? Colpevole di cosa, se fu giustiziato..innocente?
Ma colpevole, evidentemente, di dire la verità, come i folli; di togliere la maschera e nientemeno osare dire,- e proprio agli ebrei e ai romani che vivevano in funzione dell’ “onore”, dell’ apparenza, delle cose che si posseggono, dello status sociale- , che “gli ultimi saranno i primi. ”
Un pazzo scatenato. Come tutti i vigliacchi, quando uno ci dice la verità, che il re è nudo, facciamo gruppo, cercando conforto alle nostre superstizioni nel consenso del gruppo, lasciando solo sulla croce della derisione chi ci dimostra la nostra follia. madre, figlia del proprio figlio.
(di Mimmo Grasso su Le Isole si Accendono)
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