BOLOGNA IN LETTERE 2017 – INTERFERENZE – PROGETTO PER UN CANTIERE APERTO

logo-bil-nuovo-1Se dovessimo, per forza di cose, esprimerci attraverso etichette, e quindi attraverso comunicazioni di riconoscibilità, dopo una prima edizione che si potrebbe riassumere in quella vecchia frase con cui la RAI giustificava l’assenza di segnale: “prove tecniche di trasmissione”, è cominciato il nostro percorso nella veicolazione di una “cosa” letteraria decisamente “articolata”, vuoi solo perché la sua strutturazione non si limita al solo uso (e abuso) della parola, ma indirizza il suo sguardo verso una totalità artistica che si nutre di svariati linguaggi espressivi. Da questi presupposti all’identificazione di un’impronta distintiva il passo è breve. Perché non bastano la drammatizzazione e la spettacolarizzazione senza una forte tematica centrale e una valenza concettuale. Ed è anche per queste ragioni che nel corso delle ultime tre edizioni sono venuti fuori nomi come Emilio Villa, Pasolini, Amelia Rosselli. Il fato di usare ed abusare di queste, come potremmo chiamarle, di queste guide spirituali (e anche scomode se vogliamo),  il fatto cioè che ci facciamo accompagnare da nomi più o meno illustri, non è avvenuto per una malcelata volontà di potenza o per esigenza/urgenza d’esibizione, ma è direttamente riconducibile a quello che è stato il nostro lavoro degli ultimi anni. Ad ognuna di queste figure noi abbiamo dedicato, con fatica e dedizione, un’edizione del nostro festival. Difatti è nostro costume e stile – tra l’altro con la preziosa collaborazione di Fabrizio Bianchi prima e di Marco Saya dopo, ovvero di due editori che hanno assecondato le nostre utopie – dicevo, è nostro costume e stile realizzare per ogni edizione del festival un libro, un libro vero, fisico, palpabile, magari che puzzi ancora d’inchiostro e che sia possibile sfogliare, cosa oggi come oggi sempre meno scontata, vista l’escalation delle soluzioni (?) digitali. Perché nel nostro spirito, oltre all’aggregazione e all’incontro, oltre all’impronta multimediale che ci contraddistingue, c’è un’altra parola-chiave: la tematizzazione, ovvero l’approfondimento. Ed è per queste ragioni che, oltre agli autori già citati, nel corso degli anni abbiamo realizzato focus, ad esempio, su Zanzotto, Pagliarani, Vicinelli. Perché crediamo che, all’interno di un festival, che comunque vive anche e soprattutto della fruizione, non ci si possa ghettizzare su una linea univoca, ma che si debba andare incontro a molteplici aspettative. Da qui l’inevitabilità di impegnarsi nella veicolazione di una pluralità di linguaggi. In poche parole, anzi in una sola parola, io direi che si tratta di praticare una sorta di equilibrio. Consideriamo anche l’accezione dell’equilibrista, che deve far fatica a rimanere in equilibrio. Perché, in un festival quasi interamente autoprodotto e che non riceve sovvenzioni istituzionali o contributi da privati, si può parlare, a ragion veduta, proprio di fatica. Fatica sia fisica che mentale. Perché, ed è inutile far finta di niente, senza un budget da gestire, tutto diventa più difficile. Ma nonostante queste difficoltà, Bologna in Lettere è cresciuto negli anni sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Credo che nel corso di quattro anni di cantieri a cielo aperto siano transitati più o meno tutti gli autori che, oggettivamente (per quanto si possa dare un valore oggettivo all’attuale panorama poetico italiano), contano, o che comunque hanno qualcosa da comunicare. Biagio Cepollaro ha definito Bologna in Lettere il festival dei nostri tempi, e nell’ultima edizione Lello Voce mi ha definito, molto generosamente (bontà sua), l’uomo dei miracoli. Ognuno dei due si è espresso in tal senso proprio per questa nostra volontà, direi ostinazione, di creare qualcosa di diverso e di più articolato rispetto a quello che accade negli altri festival di settore. E ciò è dovuto proprio allo spirito con cui facciamo le cose, o meglio allo spirito con cui trattiamo la cosa letteraria in particolare e la cosa artistica in generale, ovvero ancora, oserei dire, allo spirito con cui trattiamo il gesto dell’incontro. Questa parola, “incontro”, sarà determinante nella costruzione e nello sviluppo della prossima edizione del festival, quella del 2017. Quando a Gregory Corso fu chiesto di riassumere in una sola parola il senso della beat generation egli rispose molto semplicemente “incontrare” e poi aggiunse “andare e incontrare”. Ed è proprio questo che accade all’interno del nostro festival, andare, incontrare e eventualmente proseguire il gesto, cioè “costruire”. In un’epoca, come la nostra,  dove l’urgenza predominante sembra quella di “distruggere” il fatto di essere impegnati a costruire diventa per noi un marchio distintivo, e di cui, senza false modestie, siamo anche un po’ orgogliosi.

E veniamo al dunque.

Il cantiere è ufficialmente aperto.

Come ampiamente espresso nei comunicati stampa e durante gli eventi, il nostro slogan “un festival lungo un anno” va a identificare un arco temporale più o meno compreso tra ottobre e maggio, all’interno del quale verranno realizzati tutti gli eventi che andranno a formare il corpus letterario, artistico e culturale del festival, che culminerà nelle giornate di maggio, e di cui di volta in volta daremo notizia.

Approfittando del fatto che nel 2017 cade il ventennale delle dipartite di William Burroughs e Allen Ginsberg e dello spirito di “incontro” e “aggregazione” che contraddistingue le nostre iniziative culturali, Bologna in Lettere si adopererà nel praticizzare una dedica speciale alla beat generation e a tutto quello che in ambito letterario e artistico si è costituito, in termini di cambiamento, a partire da quel movimento generazionale.

La dedica alla beat generation si svilupperà, come è nostro costume e stile, a più livelli, attraverso convegni, proiezioni di materiale d’epoca e di video provenienti anche da altri festival internazionali, progetti speciali, e via dicendo. I dettagli verranno resi noti non appena saranno consolidati, ma possiamo anticipare che il festival culminerà in una giornata particolare, una sorta di “raduno” che si potrebbe anche definire “epocale”, il cui scopo principale è quello di creare anche un movimento d’opinione sullo stato attuale della poesia contemporanea italiana nel confronto con altre realtà attraverso il coinvolgimento di svariate figure internazionali. Sono passati 37 anni da Castelporziano, e da allora non si è più tentato di realizzare un incontro, di massa,  in cui veicolare umori e passioni, idee e proposte, affezioni e idiosincrasie, credi ideologici e modalità critiche all’interno di uno stesso contenitore. Lo staff di Bologna in Lettere è fortemente convinto che sia giunto il tempo di provare a colmare questa lacuna e con il prezioso impegno di una serie di collaboratori esterni si adopererà in tal senso, per far sì che le parole incontro, aggregazione, cambiamento possano connotarsi all’interno di una dimensione concreta e fattiva nella realizzazione di un evento che possa essere contraddistinto come “necessario”.

Per chi fosse interessato, tra le nostre molteplici iniziative, mi preme segnalare la terza edizione dei nostri Concorsi Letterari con diverse novità riguardanti le sezioni e i premi. Qui tutte le info

https://boinlettere.wordpress.com/2016/10/09/bologna-in-lettere-2017-concorso-di-poesia-contemporanea-per-opere-edite-e-inedite/

Enzo Campi

Direttore Artistico del Festival Bologna in Lettere

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