POESIA CONDIVISA 2 N.4: ANTONIA POZZI

antonia pozzi

Don Chisciotte

I

Sulla città
silenzi improvvisi.
Varchi
con un sorriso indefinibile
i confini:
sai le spinte di tutte le siepi.
E vai,
oltre i fiati caldi degli uomini,
il sonno dopo gli amori,
l’affanno e la prigionia.
Su la petraia che è azzurra
come le corolle del lino,
liberata canti correndo:
ma chiudi gli occhi
se in fondo al cielo
le ali bianche dei mulini
si dilacerano al vento.

21 febbraio 1935

*

II

Fioche
dalla terra brulla
ti giungono
grida atterrite:
mentre seguita
su l’ala immensa
a rotare
la tua crocefissione.

22 febbraio 1935

 

da Poesia che mi guardi, Luca Sossella Editore (Bologna, 2010), a cura di G. Bernabò e O. Dino.

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4 Comments

  • Franco Intini scrive:

    La prima poesia è fatta di due momenti. L’uno è uno slancio, incoraggiata dal silenzio – improvvisa assenza di tutto ciò che sa di uomo- sospinto e incoraggiato solo dal paesaggio di siepi, verso l’azzurro di cui la pietraia è metafora, così come la corolla di lino, simbolo di purezza e luce. E’ lo spirito nel suo tentativo di divincolarsi dai lacci dei limiti naturali e sociali per diventare canto ed entrare in una dimensione di libertà, a cui il sorriso corrisponde senza nemmeno rendersene conto. Il secondo invece è un altrettanto rapido ricadere nel buio se al posto di quello che si immagina di trovare si vede solo vento, misterioso abitante del cielo, che lacera le pale del mulino e con esse tutte le illusioni ed i fantasmi che ciascuno crede realtà.
    La poetessa ci pone così innanzi a qualcosa che soffia sulle pale dei nostri mulini, che non è immaginabile trovare in cielo: un destino avverso- contro cui brutalmente cozziamo quando tentiamo di liberarcene e che ci ributta nella nostra realtà invalicabile.
    In altri termini, agli slanci dello spirito -ogni tentativo di superare i limiti della realtà rappresentati dal contesto sociale, la cultura del proprio tempo, gli ostacoli vari – che reclamano la soddisfazione del bisogno di pienezza, corrisponde un senso di frustrazione profonda e di terrore quando il Sancho Panza interiore ci dice che di fronte a noi non ci sono giganti ma mulini a vento.

    Nel secondo brano, su quelle stesse pale è sacrificata la vita della poetessa.
    Lo iato tra i due momenti di scrittura è una frattura drammatica dello spirito.
    Al suo interno c’è il tempo della lotta tremenda tra la protagonista e le forze avverse che esigono la sua crocefissione.

    Il dopo rappresenta un salto per tutti.

    Dal confronto tra i due infatti, emerge il quadro di una società che, lasciata nel sonno dopo l’amore, diventa un deserto di fioche voci piene di terrore. Quasi che adesso la realtà stessa abbia gettato la maschera del suo vivere quotidiano, di fiati caldi etc., per rivelarne un’altra di violenza e terrore.

    Nell’opera di Cervantes il Don Chisciotte del titolo è il campione della deformazione della realtà che a sua volta reagisce con la forza della ragione e dell’evidenza tramite Sancho Panza.
    Qui i due momenti sono sintetizzati nella persona della poetessa che così ripercorre follia e rinsavimento riformulandoli in termini di slancio e crocefissione rispettivamente.
    Come dire una cosa è l’errore dell’intelligenza che in fondo è sempre correggibile,
    un’altra è l’attesa di libertà e pienezza che, per la loro irrinunciabilità, possono esigere il sacrificio della propria esistenza. Anche nei fatti, come dopo qualche anno, accadrà a lei.

    Una strana linea accomuna questi versi a quelli finali di Sylvia Plath in Ariel (traduzione di A. Rosselli), o così sembra a me:

    ….Ed io
    Sono la freccia, la rugiada che giace
    Suicidale, una con la spinta
    Nel rosso

    Occhio, la fucina del mattino.

    ciao franco

  • annamaria ferramosca scrive:

    sì, antonio. bastano pochi versi , se si è poeti di spessore, a condensare il fuoco di una vita, il preludio della fine. un caro saluto,
    a.f.

  • fioriantonio scrive:

    Poesia che lievita nella vita, vita che la scalda e spesso la scotta e la fa ardere. Antonia ha avuto davanti, a un certo punto, barriere insormontabili, ma si è difesa coraggiosamente finché ha potuto. Anche per lei, come per il suo Don Chisciotte, “l’affanno e la prigionia”, e alla fine presagi che diventano una crocefissione, una morte annunciata.

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