Il versante vero: nota di Merys Rizzo

copertina-Il-versante-vero-Il versante vero, opera prima di Annamaria Ferramosca: una voce suggestiva, già riconoscibile con il suo stile saldo e personale, un itinerario tematico che si sviluppa in versi distesi e intensi, una sintassi che non si concede ad incontrollati sperimentalismi, una poesia densa di visività.

Ciò suggerisce ad una prima lettura l’esperienza poetica di questa raccolta nutrita di lirismo e di cronaca interiore. Opera di sicuro valore, sostenuta da un pensiero, che ai bordi della scrittura interroga l’oltranza, lungo “il versante vero”, quello del Logos, della conoscenza. Il titolo evoca e delinea una direzione da prendere o un territorio da abitare e da dove indagare il senso del proprio cammino. Il versante vero è quello della poesia capace di cantare il mondo nella lingua della tradizione, varia nei timbri e nei registri, ma unitaria nell’esprimere un’intelligenza compiuta, lontano da forme di narcisistica autoreferenzialità.

L’autrice è impegnata nella ricerca di possibilità ultime del nominare, nel fare poesia come produzione di senso, anche occupandosi del quotidiano, percepito come dono, come gioco insistito di connessioni. Il tono intrinseco della raccolta è nell’equilibrio tra biografia e coscienza, tra presenza del mondo e anima che si rivela, tra il segreto di una sensibilità e l’apparire incalzante del reale. Dietro il mondo che scorre, incurante di noi, il nostro incerto rincorrerlo fa penetrare la vita a tutto campo ed il pensiero è più denso:

“Ho sempre destinato/ allo sguardo un primato/ nel gioco estremo del significare”

si legge a pag.65. Annamaria Ferramosca scioglie i condizionamenti dell’ego nel contatto profondo, vitale con le cose e lo fa con la grazia ironica dell’allusione, con un gesto sottile che stempera l’inevitabile asprezza della materia, con lo stupore stilisticamente affidato all’analogia ed alla similitudine. Il discorso poetico, indubbiamente maturo, si affida alle risonanze di una lingua essenziale, in un mosaico di riflessioni incastonate tra sospensione ed attesa, fra limpidezza appagante ed accesa visività.

La forza dei versi risiede nelle cadenze ritardate, nella scelta delle  parole e nei loro ritorni, che suggeriscono così un’idea, che è più nel suono che nel senso, anzi, l’insistenza di una parola diviene cifra stilistica di una coscienza che prelude alla ricostruzione di un “sé”, libero da contaminazioni culturali repressive. La tensione a saldare essere e pensiero, essere e linguaggio, attraverso rielaborazioni trasfigurate di situazioni concrete, ricerca una diversa possibilità di stare nel reale. Ma senza sentimento di appartenenza, anzi con apertura verso la pienezza del mondo. Addirittura la poetessa raccoglie il mondo senza rappresentarlo in maniera definitiva, cerca i segni della vicinanza, intesa, alla Alfred Kolleritsch, in senso filosofico, di autenticità. Ad Annamaria Ferramosca, attestata ormai, noi crediamo, nella sua connotazione di poeta che interroga l’infinito pulsare della vita tra semplicità e trasalimento, tra tensione percettiva ed effusione lirica, auguriamo una lunga militanza nella poesia.

Merys Rizzo
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