RicercaBO 2013

ricerca bo 2013

RicercaBO 2013

Eccoci di nuovo in presenza di RicercaBO, la manifestazione già tenuta negli anni scorsi a partire dal 2007, unica in Italia a tastare il polso alla produzione letteraria nel suo farsi.

Questa nuova edizione rispetta negli aspetti fondamentali la formula già consolidata, tuttavia, per le note ristrettezze economiche che hanno colpito le amministrazioni pubbliche, si vede costretta a qualche sacrificio. La riunione si tiene nei soli giorni di venerdì 22 novembre e sabato 23, e non ci sono neppure le due serate d’onore dedicate ad autori di grande successo usciti dalle file dello sperimentalismo. Resta tuttavia ben saldo lo “zoccolo duro” consistente nell’invitare sedici autori, di prosa o di poesia o di ogni altro genere intermedio, a venire a leggere brani inediti, per un quarto d’ora circa, sottoposti all’immediato dibattito dei presenti, critici, altri autori, pubblico.

Il comitato tecnico che fa da filtro per la selezione dei testi è composto, come l’anno scorso, da Renato Barilli, garante della formula, Niva Lorenzini, ben nota studiosa della poesia novissima, e Gabriele Pedullà, nella sua doppia veste di critico e autore di racconti. Al dibattito dopo la lettura dei singoli testi partecipano anche quest’anno gli “esterni” Cecilia Bello Minciacchi e Marco Giovenale, nonché dalla sede locale tanti critici e osservatori.

Venendo alla sostanza dell’evento, alle sedici letture di cui qui accanto è fornito l’esatto calendario, trova conferma una ripresa della prosa, la quale però non punta più al romanzo di ampio svolgimento, ma sfrutta per lo più umori e spunti autobiografici, svolti in modi estrosi e divertiti, assumendo anche i toni della ballata o del poemetto in prosa, mentre la poesia continua ad affidarsi a forme rarefatte, disseminate sulla pagina, fino a proporsi come veri e propri spartiti.

Anche questa volta l’intera sequenza delle letture e dei relativi dibattiti verrà scrupolosamente registrata e messa in rete dai tecnici della Mediateca, cosicché pure gli assenti potranno seguire gli incontri come se fossero presenti, e in qualsiasi momento.

Al termine delle letture, nel tardo pomeriggio di sabato, non mancherà un momento finale di bilancio e di sintesi.

Il Comitato scientifico

RicercaBO in Mediateca e la tradizione del nuovo

Non c’è stato organo di informazione che non abbia ricordato i 50 anni dalla nascita del gruppo 63. Cultura o industria? Avanguardia “in vagone letto” o vero cambio di passo? Contano le opere, oltre il volubile momento degli annunci. La letteratura va giudicata sulla pagina. Anche se talvolta, intorno, c’è dell’altro. Il gruppo 63 è stato più cose in una. Discontinuità col passato. Squarcio verso il futuro, in una modernità destinata a farsi archeologia del nuovo. Un mutuo aiuto tra i suoi esponenti. Una generazione, non emergente, già emersa, due anni prima con i Novissimi, che si riconobbe e seppe farsi riconoscere. Dal giornalismo alle case editrici. Dall’università alla televisione. Con abbattimento degli steccati e mescolanza dei generi. Un movimento frutto, a suo modo, del boom economico e di una società, allora, affluente. Dai consumi alle nuove forme di comunicazione di massa. Nell’auspicio di una visione aperta, anche verso l’Europa, con relativa “gita a Chiasso”.

La cultura non sta tra le nuvole, è fatta di luoghi, abita il territorio. Bologna ha attivamente partecipato a quella stagione. Luciano Anceschi ne è stato un riferimento, distinto, mai distante, anche grazie al “verri”, la cui redazione è stata attiva, qui, dal 1967 alla morte del professore, nel 1995. Scartabellando tra vecchie carte, di recente, ho ritrovato gli appunti di alcune conversazioni con lui che avrebbero dovuto servire per un libro che poi non si fece. In occasione della ricorrenza dei vent’anni del gruppo 63, Anceschi mi spiegava che le ragioni di quell’esperienza risiedevano, in primo luogo, nell’esigenza di “entrare nelle strutture della cultura italiana”, per “metterle in mano di gente disposta a portare fino in fondo un movimento intimamente legato all’Europa, per trasformare la cultura italiana, da una cultura limitata, in una cultura vasta e articolata”.

All’inizio degli anni Sessanta – osservava il professore – “di fronte a certe chiusure e a certi dogmatismi, occorreva una rottura, giacché di tanto in tanto le rotture sono inevitabili anche nella vita della cultura”. Occorreva un ricambio generazionale in grado di “promuovere l’emergenza del nuovo” e di “favorire un dispiegamento della molteplicità di cui la cultura vive”. Sicché quello che allora si è cercato di fare è stato di “rendere l’Italia un paese dove la cultura sia praticata nella ricchezza, nella varietà, nella complessità, per fare, insomma, anche dell’Italia, un paese culturalmente avvertito”.

Il gruppo 63 ha avuto importanti legami con Bologna e Bologna ha coltivato, nel secondo dopoguerra, una certa attitudine all’innovazione, sia nella prospettiva dei nuovi generi della cultura, sia per ciò che concerne la riflessione sul fare della letteratura e della critica, sia in relazione all’incalzante mutamento del costume indotto dalla tumultuosa realtà studentesca. Le conseguenze del gruppo 63 hanno avuto in Bologna un “luogo” non casuale, negli studi, nel laboratorio della poesia e della narrativa, nonché nell’articolata esperienza delle riviste. Un patrimonio tuttora vitale, con molti effetti a distanza. Un tessuto di relazioni ancora attivo e grazie al quale Bologna si collega ad un reticolo che coinvolge altre esperienze, italiane ed europee.

La nostalgia non è in questione. Semmai lo è la presa d’atto di una situazione e dei suoi esiti, dei suoi tangibili influssi sul presente. La cifra di un certo modo di concepire il lavoro culturale. Non è solo il gioco di ciò che scompare e di ciò che resta, quanto la trasmissione, non lineare, né ovvia, di ciò che può dirsi la ricerca, tutt’altro che ingenua, del “nuovo”.

Chi come pochi altri ha accompagnato gli sviluppi di questa situazione è Renato Barilli, sino a RicercaBo, proprio qui, a San Lazzaro, nella nostra Mediateca, giunto alla sua sesta edizione, prima con Nanni Balestrini e Niva Lorenzini, poi con Gabriele Pedullà, che ringrazio per la loro preziosa e generosa disponibilità. A conferma del fatto che le “occasioni del nuovo”, quando ben fondate, possono, non già contraddire, ma sviluppare ulteriormente il senso di un’identità e che la qualità, ancora una volta, non ha a che fare con la grandezza, ma con propositi ben impostati.

Marco Macciantelli
Sindaco di San Lazzaro di Savena

Redazione
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