Critica Impura. Dal blog all’Ebook – riflessione sull’economia dei contenuti culturali che appaiono in internet

critica impuraMolto spesso ci capita di pensare che ciò che si trovi in internet trascenda dal tempo e dallo spazio. Che, a differenza delle cose che si trovano nel così detto ‘mondo reale’, non conosca la parola ‘deterioramento’ né che vi sia per esso morte: il cessare di esistere non si annovera tra le sue caratteristiche, in ambito bibliotecario ci si oppone ai denti affamati del tempo consci del fatto che, quello che si sta facendo, è prolungare l’esistenza di qualcosa che è, in modo irrimediabile, destinato a scomparire per sempre, ed è per questo motivo che, quando i fondi sono sufficienti, si ricorre a costosi processi di digitalizzazione, perché a questo modo si crede, e non a torto, di poter preservare un retaggio, una memoria, o quantomeno lo spettro di un codice, di una miniatura, di un tomo, garantendo per esso la possibilità della riproduzione, esaltandoci del fatto che, in questo modo, tutti potranno ricevere quel messaggio o godere della visione di quella tavola o di quell’illustrazione.

Sono sensazioni contrastanti quelle che agitano la mia mente a riguardo di queste tematiche, la museificazione riassume lo spirito stesso della civiltà occidentale e della nostra vita spirituale. Come fu per gli antichi egizi, abbiamo conosciuto la religione del passato quale strumento per scampare alla morte, ovvero a quel processo biologico che pone fine all’esistenza di un individuo e a cui non è possibile che esso si sottragga.

Noi ora crediamo che grazie agli strumenti informatici sia possibile impedire, nell’iterazione infinita del messaggio (e dei messaggi), l’avanzare del tempo e così giungere a lambire l’immortalità, ma la nostra è un’immortalità traslata, frutto dell’invidia, dell’uomo che è chiamato a sperimentare una ‘vergogna prometeica’ [Anders]: non essendo l’uomo stesso capace di assicurarsi l’eternità si pasce del fatto che, per sostituzione, ciò che egli produce gli sopravviverà – e nella società dell’informazione questo è concesso a ogni individuo, quasi in ogni angolo del mondo, tutti noi possiamo immettere i nostri messaggi nella rete, non vi è alcun vaglio, e questi messaggi rispondono alle leggi della società industriale, vengono prodotti, vengono consumati, vengono sostituiti, questo avviene ogni giorno e i contenuti culturali subiscono la stessa sorte: saggi, racconti, poesie.

Il processo di giudizio non è di natura qualitativa ma quantitativa: sono i netcitizen, mossi a loro volta dalle nostre stesse pulsioni spirituali, a decidere se siamo degni o meno di un momento di celebrità effimera: basterà un nostro rutto o un nostro sproloquio caricato su Youtube a farci conoscere, per qualche ora, fama e considerazione, a farci sentire parte integrante di una comunità globale, quale maggiore appagamento per l’ego potrà mai esistere? Allo stesso tempo, saranno coloro che appartengono al nostro stesso gruppo sociale che condivideranno e commenteranno un nostro articolo, e non è per forza detto che la qualità debba per forza essere superiore; se mi è concesso un esempio che conosco direttamente: sei, sette anni fa ero molto più ignorante e molto più arrogante, all’epoca avrò disseminato i così detti blog letterari di commenti maleducati e presuntuosi e avrò, nel mio piccolo, valorizzato contenuti probabilmente mediocri…

Ad ogni modo, questa rimozione della morte come concetto culturale – la definizione stessa di vita non sarebbe possibile in absentia della morte – il fatto stesso che buona parte dei processi comunicativi che riguardino la rete siano misurati e misurabili in termini quantitativi, più che qualitativi, sono i problemi filosofici sui quali sarebbe necessario riflettere nel momento in cui decidiamo di occuparci di promozione culturale e di critica militante in internet. Chiunque, nel vedere un suo intervento condiviso centinaia di volte e con decine di commenti si sentirà appagato, passerà in secondo piano la qualità delle condivisioni e, nel momento in cui ci verrà chiesto quale sia il valore della nostra attività intellettuale, presto risponderemo che abbiamo la fortuna di ricevere molte visite sul nostro sito o che un nostro articolo ospitato su qualche blog ha ottenuto 300 mi piace su Facebook.

Da queste ragioni, da questo inganno, tipico della società post-moderna della ‘misurabilità’, la stessa società post-moderna [Lyotard] che, in ambito politologico fatica ad approcciarsi al concetto di felicità, nel momento in cui non possediamo ancora gli strumenti adatti per poterla ridurre all’insieme dei numeri, dipende la nostra quasi smisurata fiducia negli strumenti informatici, perché nell’informatica tutto va come deve andare. Educati, noi stessi, al ritenere che tutto lo scibile umano sia riducibile al far di conto. Gli strumenti informatici finiscono per diventare ciò che noi stessi siamo o, per meglio dire, noi ci versiamo in essi  – timore, rispetto e adorazione nei loro confronti sono conseguenze del tutto naturali.

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I videogiochi e l’adolescenza

Era il lontano 2000, all’epoca giocavo con alcuni amici a uno dei primi video-game online, per l’appunto Ultima Online – lo scopo dei giocatori era quello di esplorare un mondo fantasy in grafica isonometrica, di sconfiggere mostri nelle profondità di un dungeon, di creare una propria gilda, di uccidere altri giocatori in luoghi impervi e poco raggiungibile, di assaltare fortilizi o accampamenti come pellerossa in uno spaghetti-western; c’era chi si guadagnava da vivere costruendo archi, chi facendo il fabbro, chi facendo il minatore o il pescatore, chi l’architetto, chi producendo concimi o pozioni magiche, chi da pirata, da razziatore, da ladro o da attentatore; per farla breve, ogni giocatore produceva – quotidianamente – un certo quantitativo di dati, questi dati, circa ogni quarto d’ora, venivano salvati in un computer, computer che si trovava in una web-farm; ovvero quell’incantevole luogo dove centinaia, migliaia di pc, se ne stavano, e penso tuttora se ne stiano, incatenati a lavorare fino allo sfinimento, 24 ore su 24, un campo di concentramento dell’elettronica. Bene, le cose procedettero senza intoppi fino a quando, un triste giorno, al rientro da scuola, accesi il computer e tentai di accedere a quel fantastico mondo… Una volta che ebbi inserito userpassword apparve un messaggio che mi diceva che il mio account non esisteva, il che non contemplava la possibilità che lo stesso fosse mai esistito – dopo innumerevoli imprecazioni inizia a domandarmi che cosa potesse essere accaduto. Così mi precipitai sul forum, là scoprii, dolore e disgrazia,  che il computer su cui erano salvate tutte le informazioni concernenti il nostro mondo erano andate perdute, il computer nella grigia web-farm a San Marino, in una fredda mattina di gennaio, si era accasciato al suolo per non rialzarsi più.

Ora vi chiederete perché vi ho raccontato questa storia che, apparentemente, ha poco a che spartire con l’e-book di Critica Impura e del progetto degli Annali (l’occasione annuale di provvedere a una pubblicazione in e-book o cartacea di una collezione di interventi pubblicati su Critica Impura), be’, perché se si sta parlando di Letteratura c’è ancora, per l’appunto, un’alternativa possibile, quella della carta o quella, in termini più generici della pubblicazione – credo che sia capitato a ognuno di noi di dedicare ore, giorni, a scrivere un articolo e, magari a distanza di uno, due anni, scoprire che il sito che lo stava ospitando ha deciso di rinnovare il suo look. Molti di noi hanno avuto a che fare, almeno una volta nella vita, con la scritta [dominio scaduto] e allora, al di là di suggerire a me stesso, prima che agli altri, di conservare sempre una traccia di quello che si scrive, posso solo che provare interesse per l’iniziativa di Critica Impura, ovvero quella di raccogliere in una pubblicazione elettronica (Web – Press Edizioni Digitali, Milano, 2013) gli articoli apparsi su quello stesso blog nell’arco di un anno 2011-2012, riveduti, aggiornati e corretti – questa operazione, nel suo piccolo, esprime il tentativo di voler restare, al di là della rete stessa, delle sue leggi e dei suoi, anche se poco dibattuti, limiti.

Bene, come già ho avuto modo di scrivere e dire da altre parti, il problema principale dei blog e dei siti di informazione sta nella loro stessa architettura che, come è logico, gerarchizza i contenuti non in base alla loro qualità o rilevanza, criteri soggettivi ma, anche se in alcuni casi si è cercato di porre rimedio a ciò – pensate allo strumento di Facebook ‘Notizia evidenzia’ – a seconda del loro momento di pubblicazione – criterio oggettivo. Così ogni prodotto culturale o editoriale che appaia sulla rete è legato a un ‘flusso’ o, se vogliamo a un’onda che, prima o poi, dissipa interamente le sue forze, senza che, in alcuni casi, riesca a raggiungere il pubblico a cui era effettivamente rivolta, o semmai a lambirlo solo in parte. Inoltre le numerose condivisioni di cui un contenuto può essere protagonista sono solo un riverbero, nello sfortunato momento in cui, dalla rete, scomparirà il luogo dove il contenuto è stato originariamente pubblicato l’intera cassa di risonanza imploderà su se stessa. Però, nel momento in cui c’è un e-book almeno una parte di questi problemi sono risolti. Chi a quei contenuti è interessato ne acquisterà una copia, del tutto autonoma dalle meccaniche che ho poc’anzi descritto, quell’e-book sarà un clone di quanto già disponibile online ma, io credo, con qualcosa in più – il lettore sceglierà autonomamente quale gerarchia dare ai contenuti che sono in esso contenuti, criterio soggettivo, non sarà costretto alla disagevole lettura a schermo in quanto potrà prenderlo e stamparlo o caricarlo sul fido e-reader. Potrò, persino, regalarlo a un amico, il quale consulterà quelle pagine non soggiogato dalle meccaniche proprie della pagina web e/o tipiche dei social-network ma ritrovandosi avvinto in una vera e propria bildung – sarà un rapporto diretto tra uomo e libro, tra uomo e articolo, e poesia, e racconto. Saranno queste due cose due, da sole come amanti, carne e testo. È per questi motivi che suggerisco di scaricare questo e-book, come molti altri disponibili online.

Francesco Terzago
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