http://poesia2punto0.com/2012/02/03/a-proposito-di-addio-alle-armi/ Tutto (o quasi) sulla poesia contemporanea italiana Tue, 07 Nov 2017 16:31:03 +0000 hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.1 Di: Addio alle armi – Per una convivenza delle poetiche « letteraturanecessaria http://poesia2punto0.com/2012/02/03/a-proposito-di-addio-alle-armi/#comment-7815 Sun, 19 Feb 2012 08:25:15 +0000 http://poesia2punto0.com/?p=8955#comment-7815 […] http://poesia2punto0.com/2012/02/03/a-proposito-di-addio-alle-armi/#.T0Cm8PH4jdc […]

]]> Di: Redazione http://poesia2punto0.com/2012/02/03/a-proposito-di-addio-alle-armi/#comment-7570 Sat, 11 Feb 2012 11:22:36 +0000 http://poesia2punto0.com/?p=8955#comment-7570 @ Enzo (e di riflesso @ Christian):
la proposta operativa era inizialmente Poesia2.0, nata proprio per i propositi su cui stiamo discutendo.
In un editoriale che ho scritto per l’occazione del primo compleanno di P2.0, però, ho spiegato la necessità di aggiustare il tiro: nonostante i buoni propositi, anche poesia 2.0 si stava trasformando nell’ennesimo gruppo che porta avanti certe idee, certi principi, certi programmi sempre però un po’ per i cazzi suoi (per dirla con un linguaggio chiaro ed esplicito). Dopo un anno di attività mi sono accorto che, nonostante l’obiettivo fondante del progetto di fare comunità, P2.0 stava rischiando di diventare l’ennesima comunella, un altro piccolo orticello da coltivare appassionatamente con gli amici della redazione.
Non che ciò sia il male assoluto; semplicemente non rispondeva alle esigenze di partenza per cui è stato fondato il sito/progetto – come se non ci fossero abbastanza siti, riviste o luoghi virtuali e fisici che parlano di poesia.
Da qui, la necessità di correggere il tiro, di fare un ulteriore tentativo e vedere cosa succede (si va, ormai, per prove ed errori, con la imprescindibile necessità ed onestà di ammettere questi ultimi quando ci sono).
Tu chiedi: d’accordo sulla comunità, però: come farla? e Christian (giustamente) dice (sempre in parole povere): fatti, non pugnette.
Bene. Su come si faccia una comunità non rispondo con un discorso perché non lo so. Posso però rispondere con dei fatti, degli atteggiamenti, delle proposte.
Sulla concretizzazione dei buoni principi, dico che è necessario creare un contesto all’interno del quale l’esercizio della “sinergia” diventa una pratica non solo possibile, ma auspicabile da tutti. la dispersione è a mio avviso il problema principale che caratterizza l’ambito poetico: mi hai inviato un tuo intervento che parla del tuo progetto Esistenze e Resistenze. Ecco, non per sminuirlo (anzi!), però non credo sia l’unico che viaggia sui medesimi binari. Mi viene in mente, per esempio, Thauma, con delle intenzioni molto simili. Anche Poesia Condivisa di Annamaria Ferramosca è un ottimo progetto che si sforza tantissimo al servizio delle numerose voci poetiche cercando di metterle in contatto con il mondo che pare se ne freghi. Allo stesso modo, non credo sia l’unico. Poesia 2.0 stesso è un bel progetto, ma non l’unico! Dunque è questo che credo bisogna capire e cercare di sfruttare in modi più produttivi: che ogni progetto, iniziativa nell’ambito poetico non sono unici. Da qui l’esigenza di sinergia tra le innumerevoli iniziative che, sconnesse da tutto il resto, possiedono si una loro forza, ma pur sempre una forza limitata.
Ora credo sia evidente che ho detto tutto e niente e credo sia evidente che non si possa pretendere di cambiare lo stato attuale delle cose in un giorno. Ma bisogna cominciare da un punto. E quello che abbiamo pensato è stato innanzitutto mettere in contatto tra loro tutte le realtà che si occupano di poesia per scoraggiare l’isolazionismo in cui tendono a chiudersi o vengono messe per circostanze terze. Non si può pretendere di arrivare a “tutti” se non si riesce ad arrivare nemmeno a chi ci sta accanto.
L’annuario/almanacco ci è sembrata una buona idea, da un lato per fare un po’ d’ordine ed organizzare strutturalmente (e non canonicamente o tassonomicamente) l’ambito poetico, dall’altro per fare in modo che anche relatà distanti e diverse tra loro comunichino all’interno di un ambiente che fa della differenza una forza e tenendo ben presente che la differenza si situa nelle pratiche e negli approcci, non negli obiettivi.
Dunque la traduzione pratica dei buoni principi, su cui tutti sarebbero d’accordo perché buoni e che risulterebbero retorici se si continuasse solo a parlarne, è questo almanacco della poesia italiana contemporanea risultato (e non obiettivo) degli incontri fissi che annualmente si riusciranno a mettere in piedi durante i quali tutti sono invitati ad esercitare questa famosa pratica della sinergia.
Ad ogni modo, altri aggiornamenti arriveranno un po’ per volta man mano che le succedono cose 🙂
L.

]]> Di: Enzo Campi http://poesia2punto0.com/2012/02/03/a-proposito-di-addio-alle-armi/#comment-7565 Sat, 11 Feb 2012 09:11:46 +0000 http://poesia2punto0.com/?p=8955#comment-7565 Mi scuso con tutti i presenti per arrivare con un eccessivo e inqualificabile ritardo, ma oramai è diventato il leit motiv della mia esistenza (resistenza?).
In risposta all’articolo “Addio alle armi – per una convivenza delle poetiche” e ai commenti lasciati, in ordine sparso (e con la necessaria “opinabilità” che mi contraddistingue), una serie di considerazioni:

“Partecipazione” (Alessandro Assiri), senz’altro. Un doveroso, ma nemmeno tanto scontato, punto di partenza. Mi soffermerei anche su “edificante”, rimarcando l’accezione della mera costruzione, ovvero di una messa al lavoro di un qualcosa che può e deve crescere, creare cioè un edificio ideale ove concordare, pianificare, inventare (e consolidare) possibilità di sviluppo. In ultima (primultima) istanza il “libro”, come oggetto reale, concreto e palpabile, come strumento e tramite, perché il libro è un oggetto pesante e pensante, si fa depositario del peso (anche la leggerezza e l’arealità hanno il loro peso, beninteso) della scrittura, veicola il pensiero di chi si è concesso il lusso di inchiostrarlo. Questo oggetto è il vero “soggetto” di cui abbiamo bisogno per “spacciare” letteratura.

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“Volontà” (Sebastiano Aglieco), altra parola-chiave. In anni di attività sul campo mi sono reso conto di come questa parola sia spesso male (o comunque superficialmente) interpretata. La volontà non va confusa con la semplice voglia di fare, è una condizione umana-soggettiva (talvolta innata o addirittura pre-logica) prima ancora che sociale-oggettiva. Non va quantificata e risolta in una semplice estroversione verso l’esterno. Chi è conscio di possederla (chi cioè non la considera una mera caratteristica, ma tenta di metterla al lavoro come una “qualità”) sa che la sua declinazione pretende, a monte, un’ “apertura” senza limiti di gettata né tanto meno restrizioni ideologiche.
Voglio che sia ben chiaro (almeno per quel che mi riguarda): la volontà di in solo individuo, per quanto fattiva e determinata, non potrà mai produrre risultati duraturi, di grande apertura e di forte impatto sociale. Da qui (e da tanto altro) la necessità di una “comunità” che operi in modo programmatico e che doni un plus valore alle singole volontà partecipative.

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“Dobbiamo evitare di essere in guerra con noi stessi” (Marco Furia), verità sacrosanta. La guerra “intestina” non può che amplificarsi in una simile prosecuzione verso il “fuori”, ovvero nei rapporti con altro e altri.
Deporre le armi non vuol dire porsi una situazione di sottomissione e resa, né tanto meno di considerare la poesia come un accessorio inutile e superfluo, di cui si può fare a meno e che non incide in nessun modo a migliorare o comunque a diversificare la qualità della vita. Non credo che il problema debba essere posto in termini di utilità o di inutilità, di presunta grandezza o pressappochismo, di sostanza del passato e di pochezza del presente, di forma o di contenuto, di tematiche empiriche o pragmatiche. Sono falsi problemi e non incidono in termini di fattività, di progettualità e di aggregazione. Anzi sono picchetti che rallentano (talvolta precludono) il raggiungimento di un obiettivo. E’ sbagliato e controproducente “dannarsi” sul solo aspetto concettuale. Vogliamo ripetere l’errore che tanti singoli, gruppi, associazioni ecc hanno verificato sulle loro spalle nel corso degli ultimi anni (almeno dal 68 in poi) ? Vogliamo inondare la rete di miriadi di pagine virtuali e spendere fiumi di parole su pareri soggettivi che andranno sempre a scontrarsi gli uni con gli altri e che non arriveranno mai a costruire un qualcosa che sia degno di essere considerato come il mattone inaugurale di quell’edificio virtuale cui si accennava prima? La questione va verificata sul campo, in corso d’opera, magari aggiustando il tiro di volta in volta, magari sbagliando (Luigi Bosco), ma comunque senza perdere di vista il fatto che uno degli obiettivi primari consiste nel non trasformare mai un “incontro” in uno “scontro”.
Deporre le armi vuol dire innanzitutto comprendere che le guerre non portano mai a niente, che bisognerebbe essere in grado (e possedere l’umiltà) di abbandonare la “posizione” e di scendere dal piedistallo, che, oggi come oggi, diventa indispensabile “mescolarsi” con l’ “altro” e con gli altri, meglio ancora se diversi e orientati verso una metodologia di scrittura in antitesi alla propria. La propensione all’alterco, l’innata urgenza (?) di cercare la “questione”, sempre e comunque, a priori e a prescindere, sono caratteristiche e tratti dominanti del tempo in cui viviamo; ed è anche su aspetti come questi che bisognerebbe lavorare, su tutti gli aspetti che Marco Furia definisce, giustamente, “elementi di ostilità”.

*

La lingua non dovrebbe essere ridotta alla stregua di un dialetto (Gianmario), ovvero in posizione secondaria rispetto a musica, pittura e scultura, solo perché si presume che le ultime abbiano un’immediatezza e una universalità di comprensione più ampia e articolata della prima. La lingua è e rimane il principio primo della comunicazione (e che sia parlata o scritta è irrilevante). Come già accennato da altri la poesia, più di ogni altro genere letterario (sarebbe più appropriato definirle “modalità di scrittura”), si fonda su una struttura meta-linguistica ed è irriducibile a schemi, leggi, parametri oggettivi, insomma a tutto ciò che è preordinato e precostituito o che comunque ne limiti il raggio d’azione e le possibilità evolutive. Inoltre questa sua peculiarità si presta alla ricerca e alla sperimentazione di sempre nuovi canoni e modalità espressive. Vogliamo ingabbiarla in una metrica obsoleta che non interessa più a nessuno? Vogliamo fossilizzarla in un solo e unico aspetto? Vogliamo continuare ad illuderci che essa possegga un’ “unità” specifica e che il suo motore non sia da ricercarsi nella “molteplicità”? Vogliamo precluderci la possibilità di esplorare (e di esplorarci) sentieri non ancora ( o comunque poco) battuti ? Vogliamo continuare a incensare e glorificare un “io” sempre più anacronistico e sempre più inutile? Non credo che la nostra presenza qui si riduca a questo. Allora – facendo comunque tesoro delle esperienze che ci hanno preceduto – lasciamo che siano le nostre “forze attive e fattive” a dettare (anche qui sarebbe più appropriato usare una terminologia diversa: ad indicare e a proporre) la scansione e l’ordinamento dei mattoni che, affiancandosi e impilandosi, andranno a costruire l’edificio. Cos’è e cosa rappresenta questo edificio?. Molto semplicemente un luogo ideale ove “fare sinergia, individuare e leggere le diversità” (Aglieco), ove mettere al lavoro la “varietà come risorsa” (Margherita Ealla), allo scopo primultimo di abolire, una volta per tutte, qualsiasi tipo di pregiudizio e categoricità (anche e soprattutto “giudizi” pre-confezionati basati su canoni di riferimento e improbabili comparazioni) e di fare comunità. Come si fa comunità? Ecco, questo è il nocciolo della questione. Una possibile risposta ci è stata data da Annamaria Ferramosca : “si fa comunità quando si è disponibili ad ascoltare la voce di tutti, accoglierla ed offrirla al consenso/dissenso generale”. Ma questa è solo una delle tante risposte. Bisognerebbe che ce ne fossero altre. Sono d’accordo con Christian Sinicco quando invita Luigi Bosco a fare una proposta operativa (un po’ meno d’accordo sull’essenzialità di un proprio rigido sistema di critica, sull’idealizzazione della necessarietà di un “giudizio”, sulla ricorrenza – quasi penalizzante – della parola “selezione”, ma questo è un altro discorso), perché poi, alla fine, ogni progetto deve trovare un riscontro pratico se non vuole restare per l’appunto un progetto.

*

Purtroppo anch’io, come Christian, non sono riuscito, causa forza maggiore, ad essere fisicamente presente il 21 Gennaio a Verona e non so quali e quante altre proposte siano state messe sul tavolo, per cui, almeno per il momento, mi limiterò a mettere in campo la mia personale esperienza e il mio impegno in tal senso attraverso un contributo che ho inviato alla redazione.

Buon weekend a tutti (avversità atmosferiche permettendo)!

]]> Di: Redazione http://poesia2punto0.com/2012/02/03/a-proposito-di-addio-alle-armi/#comment-7361 Sun, 05 Feb 2012 19:03:01 +0000 http://poesia2punto0.com/?p=8955#comment-7361 @ Marco:
scusami ma mi ero perso il tuo secondo commento.
Ok, pensavo non fossi d’accordo ed ho cercato di disambiguare un po’ il discorso.
Si, hai perfettamente ragione: le sfaccettature sono molteplici. Allora la domanda che mi sovviene è: come rendere il discorso meno ambiguo? su che livelli bisogna lavorare duro per raggiungere un livello di chiarezza soddisfacente, perché tutti possano chiaramente capire di che si tratta, di che si parla senza ambiguità o fraintendimenti?
(mi viene ora in mente il discorso sulle affinità che faceva Serse Cardellini a Verona, un discorso importantissimo che in soldoni diceva: non ci si legge e non si scambia informazione perché non ci si capisce; perché i sistemi di riferimento sono così diversi da essere come lingue diverse. Qui l’interesse aiuta ad avvicinarsi alla differenza. Poi però va chiarito il discorso, vanno offerti punti di riferimento accessibili a tutti perché tutti, poi, possano avere accesso a cipo che si scrive con il proprio linguaggio. Una roba difficilissima… ma questo è anche il frutto della eredità del solipsismo e individualismo novecentesco che menzionava Michele Fabbri. Insomma: un gran bel gatto da pelare)
L.

]]> Di: Redazione http://poesia2punto0.com/2012/02/03/a-proposito-di-addio-alle-armi/#comment-7347 Sun, 05 Feb 2012 15:40:46 +0000 http://poesia2punto0.com/?p=8955#comment-7347 Ahah, grazie Christian per il consiglio. Però per me quello di cui si sta discutendo qui (e non solo qui) non è utopia.
L’utopia, per quanto mi riguarda, è una categoria dentro cui rientra tutto quanto si dice e non si fa. Il resto appartiene alla categoria di reale che si divide in due parti: successo o fallimento, nessuna delle quali appartiene all’utopia!
L.

tienimi aggiornato su Trieste poesia

]]> Di: Christian Sinicco http://poesia2punto0.com/2012/02/03/a-proposito-di-addio-alle-armi/#comment-7346 Sun, 05 Feb 2012 15:28:41 +0000 http://poesia2punto0.com/?p=8955#comment-7346 Luigi, l’utopia mi piace: conservala, almeno per qualche anno. Operativamente: farò la mia proposta legata a Trieste Poesia che si terrà a fine novembre.
Un carissimo saluto

]]> Di: Redazione http://poesia2punto0.com/2012/02/03/a-proposito-di-addio-alle-armi/#comment-7337 Sun, 05 Feb 2012 11:33:41 +0000 http://poesia2punto0.com/?p=8955#comment-7337 A mio modo di vedere, è necessario dividere il “problema” in due parti: quello che riguarda “gli addetti ai lavori” e quello che riguarda i “fruitori”. sono due problemi paralleli ma diversi che hanno bisogno di un approccio diverso.

per quanto riguarda gli addetti ai lavori, l’idea è appunto l’alleanza, l’abbandono delle armi, la dismissione dei gruppi contrapposti, delle comunelle, delle lobby etc. perché avveng un confronto onesto e prolifico che rischia di far bene a tutti. la realtà poetica è varia e vasta, però è pur vero che si tratta sempre di poesia in tutta la sua varietà di forme. fare in modo che queste forme comunichino fra loro può produrre un discorso meno tautologico e ombelicale e più aperto al mondo, più coinvolgente anche per chi non è “addettto ai lavori”.
Se gli addetti ai lavori non parlano tra loro, come pretendono di parlare agli altri? con che diritto? qui bisogna interrompere la guerra tra poveri cercando di accaparrarsi la quota di mercato e di visibilità più grossa – sempre se la poesia è una cosa seria, altrimenti il discorso pupo interrompersi qui.

io mi immagino questo: una enormità di poeti, critici ed editori che, come sisifo, spingono ciascuno la loro pietra sul monte che c’è nella loro cameretta. spingono il muro della loro stanza come dei matti scatenati senza avanzare di un passo. Ecco, se questi pazzi si mettessero assieme e cominciassero a spingere tutti lo stesso muro non necessariamente nella stessa direzione, la barriera poi cade, crolla, la forza è maggiore, è da sfondamento. ma queste forse sono solo fantasie eccentriche.

per quanto riguarda invece il rpoblema dei lettori e dell’editoria, come dicevo a Sebastiano in mail, P2.0 da circa due anni è impegnata con varie inchieste e sondaggi: ai poeti, ai lettori. Gli editori hanno risposto picche all’inchiesta. perché? bisogna dunque cercare di trovare il modo di metter su un circolo vizioso-virtuoso però assieme. se ognuno fa quello che gli pare, nella solitudine e nella disorganizzazione totale, è il caos che produce solo cambi gattopardiani. allora io dico: perché gli addetti ai lavori del campo poetico non si mettono assieme per generare attività, azioni, collaborazioni organizzate? perché ognuno continua a lavorare inutilmente mi vine da dire per i fatti propri? la forza di dieci è necessariamente maggiore di 1. A verona si parlava dei teatri. questo è un esempio come tanti: la forza di “negoziazione” di un gruppo folto di persone che “lottano” perché i teatri non vengano chiusi ma usati come luoghi pubblici per i reading sostituendosi ai rumorosi pub è solo una delle migliaia di idee possibili. ma se vado io, pinco pallino qualsiasi, a chiedere un teatro a un diretore qualsiasi mi tirano dietro le ciabatte che hanno ai piedi. se invece la richiesta viene da un gruppo organizzato di persone risulta più credibile, più “ufficiale”. non so se riesco a spiegarmi.

lo stesso vale per la infinità di riviste di poesia, di studiosi, di critici e di blog che fanno tutti la stesssa cosa in modo diverso: occuparsi di poesia. Ecco, perché, ciascuno con il proprio stile, non si occupa di poesia occupandosi anche dei suoi simili (e non competitors) condividendo la informazione ed organizzandosi come gruppo assieme alle librerie e agli editori per iniziative varie ed eventuali?

Dunque addetti ai lavori e fruitori: due problemi diversi con la stessa soluzione a monte: la organizzazione, lo scambio, la relazione. Che a me pare non ci sia e che a me pare vada costruita. Partire da qui per andare oltre la soglia in cui siamo fermi da anni.

Ovviamente questo è solo un parere che va discusso per migliorarlo.

L.B.

]]> Di: Christian Sinicco http://poesia2punto0.com/2012/02/03/a-proposito-di-addio-alle-armi/#comment-7306 Sat, 04 Feb 2012 15:54:12 +0000 http://poesia2punto0.com/?p=8955#comment-7306 Ho letto le considerazioni generali, che Luigi poi analizza dal suo punto di vista – è essenziale che ognuno abbia chiaro il proprio sistema di critica, per le implicazioni che ha nei giudizi, per la sua stessa comunicazione alla comunità: mi è chiaro l’intento generale; poi Luigi nei commenti fai emergere la tua sensibilità e sarebbe utile procedessi in senso inverso: scrivi un articolo che prenda in esame le tue urgenze critiche, seguito da una proposta operativa. Avevo preparato questo intervento, ma purtroppo non sono riuscito a partecipare all’incontro: http://christiansinicco.wordpress.com/2012/01/19/poetiche-nuove-operativita/ e riparto da questo pur non capendo esattamente ciò che è accaduto. In generale mi trovo abbastanza in accordo con le parole di Luigi, ma la realtà non è il progetto – talvolta la stessa poesia nella sua imprevedibilità ce lo ricorda. Le parole di Sebastiano, quando parla di lobby e di piccoli affari della critica o del poeta, suggeriscono delle pratiche, ma la realtà non è controllabile – il breve articolo di Nuscis si chiede quali elementi della filiera sia possibile migliorare, e la rete pare sia il terreno di confronto, che mi trova d’accordo (ma non è vero quanto dice a proposito della mole di materiali, dato che la mole di materiali e informazioni unita alla conoscenza storica della rete è un buon terreno per edificare mercato, promozione/comunicazione, analisi e conoscenza).
Inoltre credo che gli “attori” di questa possibilità debbano ragionare assieme proprio a partire dalla poesia e dalla selezione delle opere, in accordo con le case editrici che hanno fatto uscire buoni titoli (che siano grandi medie o piccole ha poca importanza), ma solo un confronto di critica e sensibilità estetiche sarà davvero democratico (cioè bisogna infondere nuovi approcci): chiaro che senza l’analisi delle opere, il “sistema di generalizzazioni” trova il tempo che trova e non ci può essere davvero il confronto; chiaro che senza la comunicazione dei risultati (il perché un’opera e un poeta è secondo una sistematizzazione, buono) non esistono orientamenti di mercato per i lettori; chiaro che senza qualcosa di concreto, la bellezza delle vetrine dei blog è poco più di un luccichio momentaneo, che è il problema del fallimento dei progetti. Il risultato che bisognerebbe ottenere è proprio l’incontro tra gli “attori”, altre persone invitate (anche quelle che Sebastiano critica), le case editrici: il dibattito e le letture a partire dalla selezione di opere deve essere ripetuto ogni anno in altro luogo (enti che possano sostenere questa pratica, ce ne sono). Voglio vedere se dopo dieci anni di questa pratica non si ottengono risultati.

]]> Di: margherita ealla http://poesia2punto0.com/2012/02/03/a-proposito-di-addio-alle-armi/#comment-7305 Sat, 04 Feb 2012 14:40:18 +0000 http://poesia2punto0.com/?p=8955#comment-7305 Io ci sto.
Mi piace: nessuna guerra santa o duello all’arma bianca o all’ultima pagina.
Sinergia (come dice Sebastiano)
“che la varietà, la differenza degli stili è una risorsa”
e alleanza.
Un caro saluto a tutti.

]]> Di: sebastiano aglieco http://poesia2punto0.com/2012/02/03/a-proposito-di-addio-alle-armi/#comment-7302 Sat, 04 Feb 2012 13:06:34 +0000 http://poesia2punto0.com/?p=8955#comment-7302 la riunione è stata molto operativa. scambio di idee, certo, ma lavoro: cosa fare, come venire incontro alla poesia, alle persone che si occupano, in campi svariati, di poesia. è venuto fuori anche un discorso sullo splendido isolamento ma questo, certo, se è necessario al poeta che scrive, concentrato, attento al proprio sentire, schifato, disilluso, altero, vate, operaio, impiegato di banca, insegnante, frustrato etc… non mi sembra possa giovare a rilanciare la poesia come lingua necessaria al mondo, all’immaginario delle persone. Questo, si è anche detto, è un lavoro etico che si accollano quelli che hanno deciso, oltre che essere poeti, critici e operatori culturali. Un operatore culturale non può certo ragionare solo con la pancia o con la testa, tirare su riviste, letture e quant’altro basandosi su uno splendido isolamento della lingua universale. Quello che personalmente mi interessa dal punto di vista del lavoro da fare in questo spazio, che è poi la vocazione riconosciuta a questo spazio ma da rilanciare alla grande, è questo: occuparsi di poesia, non di potere intorno alla poesia. Forse sento anche l’esigenza di fare nomi e cognomi, di rire a qualcuno: guarda che hai fatto danni, che hai ragionato con la pancia, hai fato prevalere i tuoi interessi, i tuoi gusti, hai imbatito tutta la tua opera pseudoculturale con l’intento di arrivare a Mondadori. Ma immagino che questo non sia possibile farlo. Più modestamente : c’è un post interessante su LA POESIA E LO SPIRITO pubblicato da Giovanni Nuscis sullo stato dell’editoria di poesia. Ho commentato dicendo che, se tutti i poeti, veri o presunti, fossero anche dei fruitori di poesia – quindi lettori e compratori – il mercato di poesia sarebbe il più fiorente. Vogliamo, per esempio, partire da qui? Il che vuol dire, appunto….dire addio alle armi, fare sinergia, individuare e leggere le diversità… Sebastiano Aglieco

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