Chi l’ha vista Maria Grazia Lenisa?

di Francesca Alunni

«I lettori inventati non furono mai certi che l’Autrice fosse realmente esistita.» Così recita nella “Giornata ventiquattresima” de La carte du tendre di Maria Grazia Lenisa. Per altro Lei ci rassicura di essere nata «in quel di Udine casualmente barbara», riconfermata friulana di recente con la premiazione ed edizione del libro Le bonheur (il Canzonario), in esso corteggiata e corteggiando Shakespeare, tra la gelosia di Rimbaud, entrambi traditi dal suo sentimento per le straordinarie Creature cantate nel ‘breviario’.

Si dice che fosse figlia illegittima di una bellissima ragazza minorenne di nome Ada che, a rischio della vita, non la riconobbe subito in Lenisa, ma fu presentata al comune di Udine come nata di sesso femminile e chiamata profeticamente dall’impiegato d’anagrafe Mauro Vasco Arlesti Maria (Ars leti), portata sul dorso dei morti.
Nel periodo dell’adolescenza il poeta Aldo Capasso, iniziatore del movimento del Realismo lirico, voleva adottarla, ma i parenti, trovata una lettera del poeta che decantava la bellezza della Fanciulla, dissero che avrebbero cassato l’adozione ed un ‘rapporto’ poetico e puro fu così inquinato dai sospetti.
Lenisa, detta “la prodigiosa fanciulla di Udine”, ancora adolescente pubblicò Il tempo muore con noi e poi fu un susseguirsi di opere fino all’antologia dei vent’anni L’uccello nell’inverno.
Il “Giornale del Popolo” di Lugano addirittura rilevava che dei suoi versi c’erano gli imitatori (i lenisiani). Colpì la grande critica non solo del “Realismo lirico” ma anche ermetica, pur trovandosi Lei casualmente su fronti opposti e scrivendo per ispirazione mai per tendenza.

Venne sposata da Dino Alunni ed in occasione del matrimonio ebbe un periodo di silenzio in cui si concesse agli impulsi della vita varia, poi riprese con Terra violata e pura del 1975, per l’ammirazione operativa di Anna Vazzana ed Enzo Bruzzi, nel tentativo da parte della “Todariana” di riaprire un caso che ebbe risvolti sbalorditivi con Erotica, prima edita in Francia con un minor numero di testi, tradotta da Paul Couget e, dopo qualche mese, edita in Italia, quasi completa eccetto qualche testo che per ‘pruderie’ fu rifiutato dal comitato di lettura e per tal motivo Giorgio Bárberi Squarotti contestò il buonissimo editore Giampaolo Piccari, fornendo anche quella ormai celebre prefazione che le ‘aprì le porte del successo’, quando è consentito ovviamente al nudo e crudo valore, non a ragioni diverse dalla poesia.
Lenisa conobbe qualche poeta vivente, ad esempio Grytzko Mascioni che venne in Umbria a conoscerla e la identificò con la sua Saffo, ovviamente fu soltanto un amore ‘libresco’ all’antica e nuova Erotica. Lenisa gli dedicò qualche verso, «gentile, ir-redente Saffo».
Un’altra delle tante di Lei ebbe un epistolario, durato un anno con Sergio Pautasso, dopo la “prefazione magna” come egli la chiamava a L’agguato immortale, poi proposto su candidatura da Mario Luzi al premio “Circe-Sabaudia”. Con Pautasso discusse sui «massimo sostemi» come Egli li chiamava, riportando del critico un’impressione notevole, direi ammirata.
Ma l’incontro più straordinario dopo quello avuto con Capasso fu con Giorgio Bárberi Squarotti sui fogli di lettera (si sono visti tre volte a premi) e dura tutt’ora, con stimoli creativi da entrambe le parti: e questo è il vero senso di un’amicizia tra poeti.
Anche l’incontro con Mario Luzi, autenticato dal premio “Circe-Sabaudia” è di importanza esaltante avendo egli benedetto – come tramite –l’invenzione del suo mito di Ragazza di Arthur (è anche un libro, edito dalla Bastogi) e riconoscendo alla Lenisa il ‘ruolo’ di poeta fondatore, capace di «seminare tracce utili».
L’amore negromantico per Arthur Rimbaud nacque in Lenisa a causa di un errore tipografico nei risvolti di Erotica in cui la si volle contemporanea del poeta-ragazzo così a Lei venne l’estro di sentirsi ‘attesa’, inventando, «finita la schiavitù della donna», «cose ripugnanti, insondabili, deliziose».
Lo scultore Silvestro Migliorini che aveva donato alla Lenisa il bronzetto del ritratto di Rimbaud, fu da lei invitato a portarle l’altro bronzetto che raffigura la sua “ragazza” (Lei ignara) nel giorno della morte del poeta, il 10 novembre, entrambi stupiti da per una regia misteriosa.
Come la poetessa ebbe a scrivere in “Punto di Vista” «le persone pragmatiche, i burocrati della cultura, per il successo non hanno bisogno di difese eccezionali, ma per la gloria di antica memoria, sì, e per loro non ci sono ‘segni del cielo’».
Mario Luzi, ricevendo la notizia dell’evento in una lettera prima privata, poi aperta, proiettato nel discrimine vita-morte, fu sensibilissimo ed, avendo tra le mani la traduzione de Il battello ebbro, fatta per devozione il 10 novembre del 2000, le scrisse: «Sei al centro» e il centro meraviglioso era appunto Rimbaud-Lenisa-Luzi: un mito bellissimo, la gioia di incontri autentici.
Lenisa è ora “ricercata”, per essere data al rogo come “ragazza di Arthur”, essendosi innamorata negromanticamente di Rimbaud in un viaggio tra passato e futuro. Spera altrsí in un egual amore da parte di un Giovane poeta, avendo lei avuto il dono dell’eterna giovinezza, dedita, oltreché ad arti poetiche, ad arti magiche non nere ma candidissime.

La poetessa è direttrice di collana della Bastogi Editrice Italiana, riconosciuta dai quotidiani stranieri «critica di risonanza internazionale» (“La Regione Ticino”, 21 agosto del 2001). Si è interessata de “I gradi della luce” dell’editore Angelo Manuali (oltreché di altre opere), mettendo uno zampino nella Massoneria che esclude dai massimi onori – ahimè – le donne.

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