Del resto chi sceglie di fare il poeta (o il filosofo) sceglie la solitudine, altrimenti non potrebbe sentire le parole “vere” e distinguerle da quelle false di cui è pieno il mondo. Solitudine e silenzio sono gli elementi del poeta. — Roberto Carifi

Parola ai Poeti: Loredana Semantica
Posted 40 mins ago

 
Qual è lo “stato di salute” della poesia in Italia? E quello dei poeti?
Rispondo a questa domanda da frequentatrice di luoghi virtuali nei quali si scrive e si legge poesia…

Parola ai Poeti: Loredana Semantica
‘Il Piombo a specchio’ vince l’edizione 2012 di “Opera Prima”
Posted 12 hours ago

 
La raccolta Il piombo a specchio di Manuel Micaletto vince l'edizione 2012 di "Opera Prima".

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Aggiornamenti e maggiori informazioni durante…

A proposito di "Addio alle Armi" n.4: Alessandro Assiri
Posted 2 days ago

 
Una poesia che rifonda se stessa è principalmente una poesia che ripensa le sue relazioni percependosi come testimonianza collettiva.
Tra le relazioni che vanno rimesse in discussione ci sono anche le…

A proposito di “Addio alle Armi” n.4: Alessan…
Vicolo Cieco n.21: Comuni e Principati
Posted 3 days ago

 
In fondo Addio alle armi, già dal titolo, voleva essere una chiamata di deposizione, non tanto degli strumenti del conflitto, quanto della zappa che ci serve per la causa del…

Vicolo Cieco n.21: Comuni e Principati
un tale, una tale – tra oralità e scritture n.7: A mio modesto avviso (appunti di poetica ragionevolmente sentimentali)
Posted 5 days ago

 

[ La questione orale : le diverse posizioni sin qui raccolte ne mostrano l'aspetto irriducibile, l' argento vivo. Il tentativo di adunare più voci in questo spazio è un gesto…

un tale, una tale – tra oralità e scritture n…
A proposito di “Addio alle Armi” n.3: Matteo Fantuzzi
Posted 5 days ago

 
di Matteo Fantuzzi
Cari tutti, mi dispiace non essere con voi oggi ma sono di turno col lavoro e non mi era possibile sganciarmi.
Capisco bene le necessità di convegni, di idee,…

A proposito di “Addio alle Armi” n.3: Matteo …
Parola ai Poeti: Dante Maffia
Posted 7 days ago

 
Qual è lo “stato di salute” della poesia in Italia? E quello dei poeti?
Se ti riferisci allo stato di salute attuale devo subito dirti che è buono ma nascosto, occultato,…

Parola ai Poeti: Dante Maffia
Appunti n.14: "Berrà il mojito e avrà i suoi occhi. Alcune osservazioni né a favore né contro il valore didattico della poesia.", Di Luca Rizzatello
Posted 8 days ago

 

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A proposito di
Posted 12 days ago

 

di Christian Sinicco
Nel 1984 su Poesia della metamorfosi – Antologia e proposte critiche a cura di Fabio Doplicher (Stilb, Roma) viene pubblicato un saggio di Piero Bigongiari dal titolo “Poesia…

A proposito di “Addio alle Armi” n.2: Christi…
A proposito di
Posted 17 days ago

 
In tal modo all’infinito, attraverso il tempo, gli esseri del mondo si odieranno
e contro ogni simpatía manterranno il loro feroce appetito.
Michel Foucault
 
[Per i complottisti ed i sospettosi valga la…

A proposito di “Addio alle Armi”
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Altre Voci n.1: Dolls, rsvp

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Leggendo i testi di Alessandra Cava, insiste per analogia una serie di immagini osservate di recente (Tuscania, 11 settembre) in occasione di una esposizione collettiva curata dal Centro Culturale  La Camera Verde. Si tratta di Dolls, percorso fotografico realizzato da Claudio Laureti, di cui si offre qui un esempio:

Il quadro offre una prosa composta da elementi omogenei di fatiscenza, portati in rilievo da un livello di incandescenza dei colori superiori alla norma. L’equilibrio dei dettagli è perfettamente bilanciato e offre il campo al soggetto/oggetto costituito dalla bambola vivente. Questa, tuttavia, nella sua fissità e nell’artificiosa cura dell’abbigliamento e del trucco, sfugge ad una definizione vera e propria di umanità, configurando invece un’evocazione, un’allegoria di un tempo non presente nel quadro eppure annunciato dal quadro stesso. E’ l’oggetto sfocato che occupa la scena, ciò che sfugge (in questa immagine la sedia in primo piano) e allo stesso tempo viene assorbito nel campo visivo senza resistenze. Si tratta di un prisma attraverso il quale immettersi nel tempo fluido che trascorre l’immagine e che rimanda ad un gioco speculare (tautologicamente sulla sinistra troviamo, appunto, uno specchio) di riconoscimento e perdita, esattamente come avviene quando si entra nel ricordo (potremmo individuare nella porta-finestra semiaperta un ipotetico ingresso). L’insieme tiene come fosse una quinta teatrale abbandonata (in tal senso gioca anche un accentuato contrasto), frammenti abbandonati di un atto che è stato e offre il proprio trascorso a chi casualmente si trovasse ad osservare. Introduciamo quindi un primo testo di Alessandra Cava:

 

Fossi il limite inutile, l’inganno del confine, fossi l’apertura
generosa del valicare, fossi quella generosità del confine a
schiudersi, disponibilità infinita dell’accedere, del passare,
dell’oltre, del traversare. Potessi sporgermi da tutti i balconi
e vedere passare, potessi vedere passare le cose, potessi, sapere
per caso che cosa, l’oggetto che ha trama speciale, che ha l’intreccio
introvabile, lo strappo, introvabile tessitura delle cose perdute.

 

La stessa prosa bilanciata, la stessa accumulazione e una cadenza simile di immagini (nei prosimetri si celano novenari, ma il testo è informato ad una architettura ritmica più che metrica in cui gli snodi tonàli sono spesso costituiti da anacoluti), l’ottativo che denuncia la stessa assenza (in questo caso di un’identità) e crea la medesima fantasmagoria che riconosciamo nella fotografia di Laureti. Un gioco di allitterazioni e anafore (meno presenti nel secondo testo, in cui ricorre tuttavia una epanalessi – la ripetizione dell’attributo “piccole” – proprio al centro del testo, quasi a concentrare in questa sede il meccanismo reiterativo) produce un movimento cantilenante che stempera la verticalità di una prospettiva il cui fuoco è centrato sulla perdita di sé. Oltre i testi, oltre le cose che perimetrano l’oggetto si potrebbe intuire o azzardare un prosieguo del percorso che ponga le cose stesse al centro dell’inquadratura. Ad oggi è la bambola umana, il fantasma della propria identità che domina il campo e a questa presenza/assenza ci attestiamo. Si potrebbe tentare un richiamo ad una linea che conta tra le sue peculiarità una sorta di accostamento rituale alla cosa/parola (citiamo ad esempio le opere di Mariangela Gualtieri e Azzurra D’Agostino). Nella scrittura di Alessandra Cava tale aspetto trova un fortunato limite proprio nell’uso dei vari c.d. marcatori della scrittura in versi e, per contro, nella concezione di un blocco/testo non in versi (inteso come meccanismo ad ingranaggi). L’imago reagisce all’interno della gabbia formale, con il conseguente effetto dentro/fuori, caldo/freddo che può essere considerato uno dei tratti distintivi di questi testi:


Di là, di là ero freschissima e c’era quel non so che dire, non
so che dire e come, come dire sulle torri a sgretolare, a redigere
le piccole, precise piccole insistenti graduatorie. Lascio la voce
ora, almeno lo stridore, mie peripezie, miei banchi di bagliore,
sedimentazioni e tracce, no presenza, no segnalazione.

 


Nota: i testi qui presentati fanno parte di rsvp, di prossima pubblicazione per le edizioni Polìmata, collana ex[t]ratione.

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