Cristina Annino: un’eternità di scrittura

Qualche tempo fa ho messo in rete alcune poesie di Cristina Annino, una poetessa singolare e straordinaria rimasta misteriosamente “nascosta” nel panorama delle patrie lettere da troppi anni. In seguito in alcune mail le ho chiesto del soggetto maschile nei  suoi testi e soprattutto della sua vicenda editoriale. La sua risposta è talmente cristallina e forte già di per sé che non ha bisogno di filtri ulteriori.

L’io maschile potrebbe forse spiegarlo uno psicanalista. Io so soltanto di averlo usato naturalmente fin dall’infanzia. Tutto qui.

Per quanto riguarda il silenzio, diciamo, che mi circonda, è imputabile a fatti di due misure. Una mi riguarda come scelta, una no. Quando uscii con Einaudi nel 1984, Fortini si impuntava (così mi scriveva personalmente) affinché uscissi da sola: Walter Siti, curatore dell’antologia, preferiva farmi prima conoscere da un pubblico di lettori più vasto e poi pubblicare una raccolta poetica interamente mia. Decisione disastrosa perché Einaudi si sfasciò, Siti uscì dalla redazione,ecc,ecc.
Fortini insisté con Garzanti, ma l’allora direttore della collana poetica, quasi offeso che Fortini lo avesse svegliato alle 4 del mattino per dirgli di ricevere e pubblicare la più grande poetessa italiana (parole sue scritte che ancora conservo), mi disse che a lui interessavano i poeti con un piede già nella fossa. “Auguri e saluti al suo estimatore”.
Fortini poi finì come sappiamo, per disgrazia della cultura italiana. Giorgio Almansi nel frattempo cercava di sistemare dei miei racconti presso qualche grande editore, continuò anche dopo essersene andato da Cortona in Svizzera, fino a quando la malattia ebbe la meglio.
La colpa mia è di aver lasciato perdere Porta come agente, Sgarbi come “folle” estimatore delle mie poesie. Eravamo nel 1987, e lui si offerse di presentarmi gratuitamente in piazze pubbliche, decidessi io, dal momento che non avevo soldi per pagarmi le sedie di una stanza nella galleria di Daverio o di Krizia. L’editore di Madrid, il libro di allora, si negò ad ogni spesa. Adesso Sgarbi non potrebbe ricordarsi di me, ovviamente. Ho lasciato perdere un bel po’ di cose, l’amicizia con Giudici che mi dette il premio Russo Pozzale, e tantissime altre.
Mi sono sposata due volte con uomini che mi hanno fatto perdere complessivamente 24 anni di vita letterariamente produttiva, isolandomi in modo completo da tutto. Solo Milo da Angelis fece breccia in questo silenzio chiedendomi una raccolta per Crocetti. Ma la casa editrice chiuse e la cosa finì lì. Ecco il silenzio, ma in modo molto succinto. Ho sempre preferito la vita alla poesia e le occasioni mancate stanno ancora a guardare. Mi bastava essere ritenuta “brava” dalla critica più importante. Scrivo fin dall’infanzia, mi sembra un’eternità di scrittura”.

(di Francesca Matteoni su La Poesia e lo Spirito)

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